“Napolitano ci disse che lo Stato sapeva del ricatto dei boss”, il titolo de Il Fatto Quotidiano per pubblicizzare l'ultimo libro del magistrato Nino Di Matteo sulla (non avvenuta) trattativa Stato-mafia. Ora, chi è a digiuno oppure completamente rimbambito dalla lunga propaganda mediatica, rimane impressionato. Dirà: “Ecco! Napolitano ammette che lo Stato sapeva dell’indicibile segreto!”.

Chi però conosce i fatti, comprende il fraintendimento. Il magistrato Di Matteo ha tutto il diritto di difendere il suo lavoro; in fondo è una persona che ci crede. Anzi, gli va dato atto che è tra i rari togati che, in buona fede, credono davvero al teorema giudiziario. Tuttavia, il giornalismo dovrebbe essere altro e riportare i fatti nudi e crudi.

L’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha rivelato nulla di trascendentale. Gli attentati mafiosi continentali del 1993, come recitano le sentenze, sarebbero stati compiuti per terrorizzare lo Stato e costringerlo a cedere sul regime del 41 bis. Ma come faceva già a saperlo lo Stato, come dice appunto Napolitano? Semplicissimo. Era già stato ipotizzato il 10 agosto del 1993 alle autorità di Stato, tramite un'informativa redatta dall'allora direttore della Dia, Gianni De Gennaro. Erano passati pochi giorni dalle bombe di Roma e Milano, e nell’informativa di 24 pagine c’era scritto che “la perdurante volontà del governo di mantenere per i boss un regime penitenziario di assoluta durezza ha concorso alla ripresa della stagione degli attentati. Da ciò è derivata per i capi l’esigenza di riaffermare il proprio ruolo e la propria capacità di direzione anche attraverso la progettazione e l’esecuzione di attentati in grado d’indurre le Istituzioni a una tacita trattativa”.

Come se non bastasse, quell’informativa, che sarebbe dovuta rimanere segreta e quindi a conoscenza delle sole autorità governative, ha subito una fuga di notizie, come purtroppo avviene di consueto nel nostro Paese. Fu pubblicata su Repubblica in uno o due articoli. Una pubblicazione che determinò la richiesta da parte della Commissione parlamentare d’inchiesta antimafia e stragi di chiarimenti. L’allora direttore della Dia De Gennaro fu convocato il 15 settembre del ’93 per dare conto e ragione del fatto che questa nota non fosse stata indirizzata alla Commissione.

Quindi l’allora presidente della Repubblica Napolitano disse semplicemente una cosa arcinota e banale. Era il segreto di Pulcinella. Ufficialmente gli attentati continentali si trattarono di un ricatto, una tentata minaccia al corpo politico dello Stato da parte dei boss. Sappiamo, come ci indicano i fatti, che non andò a buon fine. I corleonesi furono decapitati e il 41 bis non solo non fu alleggerito, ma addirittura reso più rigoroso. Nessuna trattativa e soprattutto nessun indicibile segreto.