PHOTO
Per accidente insegno bioetica nella facoltà di medicina e capita spesso di discutere con gli studenti di vicende tristi, come quella di Indi Gregory. Ho letto e scritto sull’argomento, ma sono rimasto sorpreso dall’articolo di Alessandro Barbano su questo giornale qualche giorno fa. Mi ha disorientato, perché non capivo bene le acrobazie per cui ciò che è liberale diventava illiberale e viceversa. Poi la ricorrenza della parola “Stato”, adoperata con qualche eccesso e per nascondere i fatti. La vicenda in sé è semplice e non c’è nulla di “cosmico”: lo “Stato” ha approvato quelle che si chiamano procedure di “buona pratica clinica”, che vengono costantemente aggiornate in tutti i Paesi per essere sempre meglio ritagliate sui diversi casi. Incluse le decisioni alla fine della vita.
In questo la decisione è passata attraverso un magistrato che ha soppesato gli argomenti dei medici e quelli dei genitori, e ha trovato migliori o più dignitosi per la bambina, quelli dei medici. Barbano paventa addirittura lo Stato etico, ma lo Stato non si è messo in posizione sovraordinata, ha controllato che il profilo medico e le regole interpretate dal magistrato fossero chiare.
Lo Stato non ha fatto la diagnosi, non ha rilevato i parametri vita, non ha valutato il grado di sofferenza, etc. Questo lo hanno fatto i medici. Gli “scientisti” come egli li chiama, che quando riescono a salvare una creatura operando per quarantotto ore di seguito sono eroi. Mentre se sono sinceri e dicono a qualunque persona, di otto mesi o di 40 anni, che si trova in una data condizione si devono interrompere i trattamenti, diventano crudeli.
Barbano riconosce la legittimità per le persone che soffrono di chiedere un aiuto a non soffrire o a morire. Perché queste persone sono dotate di volizione, ovvero fanno richiesta e non esiste. E aggiunge che questo accade perché manca un procedimento oggettivo per dire tu no perché il tuo dolore non supera una determinata soglia, tu invece sì perché stai sopra l’asticella. Lo trovo uno scenario un po’ distopico.
La piccola Indy non aveva coscienza, era solo un corpicino terminale e sotto trattamenti palliativi. Personalmente penso che solo i medici sappiano dire come stanno le cose e mi fiderei di loro, non delle mie egoistiche emozioni di genitore stravolto dalla situazione. Mi chiederei anche se fossi io in quelle condizioni se vorrei continuare a vivere. Se non volessi trovarmi nelle stesse condizioni, per quale delirio genitoriale o allucinazione umanistica mi potrei sentire di difendere una condizione che non è nemmeno più vita, e men che meno è degna di essere vissuta.