“Quando la Meloni dice famiglia, di che parla, lei che una famiglia nel senso tradizionale non ce l’ha?”, ha domandato Corrado Augias a dimartedì il 19 settembre con l’espressione di chi ha appena costruito un buon argomento invece di una fallacia. Ovviamente alla domanda segue un applauso, perché abbiamo il pubblico che ci meritiamo e questo richiamo all’ordine e alla disciplina personale piace moltissimo: come puoi dire che un certo comportamento è giusto se poi sei il primo a comportarti diversamente?

Ora, a parte che questo continuo mischiare comportamenti e argomenti non fa bene, a parte che pretendere di aderire alle proprie idee come test di quelle idee non è una buona idea ( perché si può essere incoerenti e nonostante questo aver detto una cosa giusta), la conseguenza davvero sgradevole di questa confusione è: se anche Meloni avesse una famiglia tradizionale, non avrebbe ragione nel voler far passare un solo modello come quello giusto. Come poi aggiunge Augias, la famiglia è una convenzione. La tradizione, qualsiasi cosa significhi, è semplicemente qualcosa che accade in un certo momento e in un certo luogo e non è sufficiente come dimostrazione che quel qualcosa è moralmente ammirevole e, ancora peggio, dovrebbe essere imposto a tutti.

Per molto tempo la schiavitù, il matrimonio riparatore, il divieto per le donne di fare le magistrate o di votare sono state tradizioni. E potremmo elencarne tante altre che ci fanno orrore e che non ci verrebbe mai in mente di riesumare o di difendere.

La famiglia tradizionale è stata per un po’ costituita da una moglie, da un marito e dai figli. Ma oggi basterebbe uscire per rendersi conto che quella tradizione è cambiata, che ci sono tanti assetti familiari, dalle famiglie monoparentali e quelle ricomposte, da quelle omogenitoriali a quelle senza figli. Il difetto è non rendersi conto di tutto questo, non l’avere una famiglia non tradizionale mentre la si pubblicizza come quella giusta cui tutti dovrebbero conformarsi (e quindi come ti permetti?). Il difetto è pensare di usare la tradizione, per esempio, per opporsi ai matrimoni egualitari, mantenendo così una discriminazione tra le persone. Il difetto è usare le leggi per punire e complicare le vite delle persone invece che come uno strumento per garantire dei diritti e per riconoscere che i costumi sociali cambiano, e se quei costumi non comportano dei danni non dovrebbero essere sanzionati o discriminati. Il difetto è tentare di giustificare la mancata trascrizione dei certificati di nascita di bambini nati all’estero perché non sei abbastanza tradizionale se fai nascere tuo figlio in un altro Paese e con una tecnica che giudichiamo immorale – magari solo perché noi non lo faremmo.

Non parliamo nemmeno della proposta di far diventare il ricorso alla maternità surrogata – già vietata in Italia dalla legge 40 – un reato universale: perché non solo è un reato inapplicabile e insostenibile, ma rischierebbe di avere solo conseguenze negative sui figli. Sebbene sembra essere inverosimile arrivare alla dichiarazione della loro adottabilità, una volta che i genitori fosse dichiarati rei, è pur sempre un pensiero sgradevole e osceno (e sarebbe una conseguenza della premessa che ci auguriamo sarà dimenticata o ignorata).

Se queste sono le implicazioni del pensare che di famiglia c’è solo quella tradizionale e che tutte le altre si devono arrangiare, il guaio non è certo che Meloni non abbia aderito personalmente a questo modello ( che per carità, è uno dei possibili, nessuno vuole aprioristicamente eliminare le famiglie tradizionali, ma solo considerarle una delle possibili e legittime scelte).

Insomma Augias non ha fatto che ripetere una fallacia abbastanza comune e anche un po’ noiosa, ma che sembra mantenere un fascino inscalfibile. Forse perché ci fa sentire moralmente superiori, un po’ censori e un po’ moralizzatori degli altrui difetti.

È un grande classico. Al forum delle famiglie c’è gente che parte apposta da un’altra città armata di Tinder o Grindr per vedere chi cerca avventure sessuali oppure omosessuali ( ancora peggio, ovviamente) mentre prega il Signore della castità e della eterosessualità. La debolezza e l’incoerenza e gli appuntamenti sulle app di incontri immorali diventano, agli occhi di chi li stana, una dimostrazione della debolezza delle idee del nostro interlocutore. Sono tutte declinazioni del tu quoque, del richiamo al carattere e all’onore macchiato come una dimostrazione inconfutabile della erroneità della posizione. Si pensano debunker (chiedo scusa) e invece sono solo come le pettegole sedute sul corso del paese. Hanno l’atteggiamento di chi è sicuro di averle cantate all’avversario dialettico e invece ha solo ammesso la propria resa alle scuole medie.