Marinare, bigiare, grifare, fare sega, fare manca, forca, fughino o filone: ogni regione aveva il suo modo di celebrare il primo vero atto di trasgressione di un adolescente. Disertare la scuola ingannando insegnanti e familiari è stato, per molte generazioni, un passaggio quasi obbligatorio una specie di rito iniziatico.

Ne sentivi parlare dai fratelli più grandi e dai loro amici quando eri ancora piccolo per poterti sognare di farlo e aspettavi che arrivasse il momento giusto anche per te. Di solito accadeva durante le medie, quando le accoglienti maestre delle elementari lasciano il posto a professori arcigni e stressati mentre dentro di te senti che qualcosa si smuove, come una smania di libertà, un desiderio di non costrizione. Inizi a rispondere male ai tuoi genitori che sembrano così distanti e vecchietti, sbuffi e ti lamenti perché le tue giornate sono sommerse dai compiti, dai bei voti che tutti si aspettano che tu prenda. Fino a qualche mese prima eri un bambino, ora sei quasi un ragazzo.

Un adulto fatica a capire il piccolo trauma che rappresenta questa transizione e l’importanza per gli adolescenti di affermarsi anche attraverso atti di ribellione. Non era un’impresa semplice fare sega a scuola, almeno la prima volta. Dovevi organizzarla nei minimi dettagli. Innanzitutto bisognava individuare il giorno ideale, magari quel venerdì pieno di interrogazioni e verifiche, o quel lunedì con religione, arte e ginnastica per non destare troppi sospetti. Poi ti dovevi mettere d’accordo con i compagni e le compagne e pianificare il da farsi, l’appuntamento in una via laterale alla scuola per non farti vedere dagli insegnati e poi la destinazione della gita fuori programma, possibilmente in un altro quartiere, lontano dagli occhi indiscreti degli altri genitori o dei negozianti che ti conoscono fin da quando eri alto mezzo metro. In tasca qualche moneta, recuperata la sera precedente da qualche scaffale di casa, necessaria per acquistare il biglietto l’autobus ma soprattutto per l’inevitabile sala giochi, autentico santuario per milioni di giovani che di certo non avevano il conforto di console, tablet e smartphone.

La parte più complicata non era il ritorno a casa, dove le bugie venivano fuori con buona spontaneità rese credibili dalla naturale afasia dei 12-13enni :

“Com’ è andata oggi a scuola?”

“Normale”

“Cosa avete fatto?”

“Le solite cose”

“Ah ok”.

Un copione facilissimo da interpretare. Lo scoglio più impervio era al contrario la temutissima giustificazione sul blocchetto cartaceo che dovevi portare ai professori il giorno successivo con la firma di un genitore in calce. Anche questo passaggio richiedeva preparazioni certosine, mesi di esercizi e calligrafismi necessari a replicare l’autografo di mamma o di papà e non presentare uno sgorbio. Per i più negati veniva in soccorso l’amica che disegnava da dio e sapeva riprodurre qualsiasi scrittura. Quasi sempre si riusciva a sfangarla. Le poche volte che venivi scoperto eri disposto ad accettare l’umiliazione da parte dei prof e la punizione che ti aspettava a casa. Ne valeva la pena.

Questi racconti per un adolescente di oggi sono letteratura fantastica, verosimili come la saga del maghetto Harry Potter o quella del videogioco Fortnite. Con l’avvento del registro elettronico marinare la scuola è diventato semplicemente impossibile: ogni assenza viene infatti comunicata in tempo reale alle famiglie che possono controllare sull’apposita applicazione qualsiasi aspetto della vita scolastica dei loro pargoli, anche i ritardi hanno diritto a una casella tutta loro. Insegnanti e genitori formano un’unica linea di controllo che viene esercitato a 360 gradi, non lasciando alcuno spazio alla trasgressione.

Chi dice di guardarlo con moderazione o di dimenticarsi di controllarlo vi sta di certo mentendo: il registro elettronico è una vera e propria droga, un oggetto virtuale che provoca dipendenza. L’intreccio fatale con la timeline dei voti e delle medie matematiche ha poi generato consistenti nevrastenie collettive. Nei genitori che ormai conoscono il voto ancora prima dei loro figli e soprattutto nei ragazzi e nelle ragazze che vivono la competizione scolastica come fosse un contest o una gara sportiva. Non di rado capita di vederli aggiornare compulsivamente il registro (sequestrando peraltro i telefoni degli adulti) per verificare se quel bel nove in geografia o quell’otto e mezzo in scienze sia stato inserito e in che misura migliori la media generale.

Quanto è significativa la differenza tra un 7.38, un 7.41 e un 7.45? Non dovrebbe contare nulla e invece attorno a quegli stupidi numeri e a quella giostra di valutazioni si è creato un universo nevrotico che provoca insicurezze e ansie da prestazione.