“Male non fare, paura non avere”. L’ho sempre sostenuto con convinzione. Finché non ho avuto paura davvero. Ma nonostante tutto ho continuato a ripetermelo in questi ultimi 4 anni, durante i quali la mia vita è stata letteralmente capovolta.

Ho cercato di crederci con tutte le mie forze anche quando questo assioma ha pericolosamente vacillato dinanzi al timore, sempre più opprimente, che non sempre basta essere nel giusto, ma a volte si è costretti ad avere paura anche di ciò che, in teoria, non dovrebbe mai spaventarci. E me lo ripetevo quasi come un mantra, in cui però credevo sempre meno, quando, nel giugno scorso, ho ascoltato la richiesta di pena nei miei confronti: 18 anni di carcere per reati che non avevo neppure mai immaginato. E più me lo ripetevo, più mi chiedevo come fosse stato possibile finire in questo incubo che mi ha strappato dai miei affetti, dal mio lavoro, dall’altra vita terminata per sempre il 19 dicembre 2019. Sentimenti che mi hanno accompagnato sino a lunedì scorso, quando il Tribunale di Vibo mi ha assolto con la formula più ampia e incontrovertibile.

Dalla sentenza ho atteso qualche giorno prima di scrivere queste poche righe, travolto da emozioni e sensazioni che soltanto chi ci è passato può comprendere fino in fondo. In questi anni, oltre alla consapevolezza di non aver commesso ciò che mi veniva imputato, mi sono aggrappato alla fiducia nelle istituzioni e nella democrazia, convinzioni solidissime che mi hanno sempre accompagnato nella mia breve ma intensa carriera politica, coronata dall’elezione a sindaco, per due volte, della mia amata città, Pizzo. A qualcuno potrebbe sembrare la solita retorica che si usa in questi casi, ma io ci credo davvero. E infatti, alla fine, la Giustizia ha funzionato. Questo, però, non cancella lo sconvolgimento della mia vita, che oggi è un’altra. Un lusso che però non tutti si possono permettere, se non hanno alternative. Ma forse, più di ogni altra cosa, a sostenermi in questi anni è stato l’affetto e la vicinanza non solo della mia famiglia ma anche di centinaia di amici e conoscenti, che non hanno mai avuto alcun dubbio sulla mia innocenza. Sono state queste persone il mio sostegno.

Al pari dei miei avvocati, Armando Veneto e Vincenzo Trungadi, che hanno lavorato alla mia difesa con la loro scienza ma anche con una sintonia umana autentica. Ed è a loro, a voi che non mi avete voltato le spalle, che voglio dire grazie, rompendo il riserbo che ormai domina il mio animo. Mi avete dato la forza di andare avanti in un frangente difficilissimo della mia vita, senza farmi mai mancare affetto e stima, che ricambio dal più profondo del mio cuore.