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La presunzione d’innocenza non esiste più. È stata abrogata. Si tratta di un raro caso di abrogazione tacita. Di norma per l’abrogazione serve la «dichiarazione espressa del legislatore». Ma l’abrogazione può anche avvenire «per incompatibilità fra le nuove disposizioni e le precedenti». In questo caso le “disposizioni precedenti” sono l’articolo 27 della Costituzione, l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, l’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’art. 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Insomma, il meglio che la codificazione mondiale abbia da offrire: non qualche “leggina” approvata distrattamente ad agosto o un regolamento ministeriale. Le disposizioni “successive”, quelle che hanno abrogato tacitamente la presunzione d’innocenza, hanno un rango inferiore; eppure ce l’hanno fatta.
Pensiamo alle interdittive antimafia che prescindono da un’affermazione di responsabilità dell’imprenditore. Basta il sospetto. Anche una parentela, il pregiudizio di un dipendente. Pensiamo all’indifferenza - e spesso all’insofferenza - della Corte dei Conti o delle Corti di giustizia tributaria per l’assoluzione definitiva nel processo penale che ha riguardato lo stesso fatto. Spesso, i procedimenti paralleli vanno avanti come treni e finiscono diversamente in nome di una presunta “autonomia” delle giurisdizioni. Il giudice penale ha detto bianco. Il giudice contabile e quello tributario dicono nero. E questo succede ogni giorno.
In molti casi, però, il compito di abrogare la presunzione d’innocenza se lo sono preso le prassi e gli andazzi. Da Tangentopoli in poi basta un’informazione di garanzia (figuriamoci un arresto) ad autorizzare giornali, siti web, commentatori abituali e ovviamente il popolo della rete a considerare il reato già accertato. Il seguito, le decisioni del tribunale della libertà, il processo, le sentenze sono irrilevanti. Un “finale di partita”, avrebbe detto Beckett, inutile e noioso. I media e la “gente” hanno deciso: cos’altro c’è da dire? Il legislatore ha cercato di arginare questa deriva e in molti hanno gridato allo scandalo, preoccupati del “bavaglio” per la stampa rappresentato dalle nuove norme faticosamente approvate. In realtà, tutto è continuato esattamente come prima. Come arrivino poi le informazioni di garanzia, le ordinanze di custodia cautelare, i decreti di fermo nelle mani della stampa a notte fonda, quando a malapena sono stati consegnati all’indagato, resta un mistero.
Un altro colpo alla presunzione dell’innocenza l’ha inferto la prassi di inserire in un’ordinanza di custodia cautelare tutti i nomi degli indagati, anche quelli “risparmiati” dal pubblico ministero nella sua richiesta di misura. Anche quelli le cui posizioni non sono connesse alle altre. È così che poche ore dopo l’esecuzione finiscono nel tritacarne sia gli arrestati - innocenti anch’essi fino alla sentenza definitiva ma per lo meno gravemente indiziati di un delitto - sia decine di persone a carico delle quali c’è soltanto l’iscrizione nel registro delle notizie di reato. Che fin tanto che c’è l’obbligatorietà dell’azione penale è un atto dovuto.
Ma non ci sono solo stampa, procure e tribunali (non tutta la stampa, non tutte le procure, non tutti i tribunali) a fare a pezzi la presunzione d’innocenza. Nel nuovo scandalo delle presunte scommesse dei calciatori, appena è trapelata la notizia del coinvolgimento di tre giocatori della nazionale, il presidente della Federcalcio e l’allenatore hanno preso provvedimenti: via gli scommettitori dalla squadra. Due hanno confessato, è vero: ma dopo. Mentre uno si dichiara innocente. Eppure la sanzione è arrivata, prima del tempo, anche contro di lui. Dopodiché, chi di spada ferisce di spada perisce. Oggi una parte del governo ha chiesto le dimissioni del presidente della Federcalcio. Responsabilità oggettiva? O il capo doveva fare il giro delle case dei calciatori per controllare che non scommettessero dopo cena?
Credo che sarebbe ora che discutessimo seriamente di tutto questo. Riportiamo la presunzione d’innocenza nella Costituzione e nelle Carte internazionali da cui l’abbiamo cancellata.
*Avvocato