Circa una settimana fa il mio telefono ha squillato. Dall’altra parte della cornetta, un collega si è presentato come appartenente alla redazione di Report. A dire il vero il tono era quello di un avviso di garanzia. «Ci stiamo occupando della commissione Antimafia e abbiamo delle informazioni su di lei».

Dopo aver ottenuto la mia email, mi è arrivata questa richiesta scritta di chiarimenti: «Scriviamo dalla redazione di Report in vista di una delle prossime puntate, nella quale ci occuperemo anche delle attività della Commissione parlamentare antimafia. Nel corso del nostro lavoro di inchiesta, una fonte molto autorevole ci ha segnalato la seguente situazione che riguarda il ruolo svolto dal generale Mario Mori nei rapporti con la Commissione: nel corso dell’anno 2023 il generale Mario Mori avrebbe parlato con il giornalista Damiano Aliprandi, proponendogli di entrare – su sua indicazione – nella Commissione parlamentare antimafia con il ruolo di consulente. Tuttavia, il giornalista avrebbe rifiutato, in quanto condannato per diffamazione nel procedimento promosso dal senatore Roberto Scarpinato. In quell’occasione, Aliprandi avrebbe inoltre manifestato al generale Mori la necessità di sollevare il senatore Scarpinato dalla Commissione antimafia. Chiediamo quindi al dott. Damiano Aliprandi un commento in merito a questi elementi. Il commento potrà essere fornito in forma scritta oppure attraverso un’intervista audio-video, secondo la sua disponibilità. Il giornalista che sta lavorando al servizio è Paolo Mondani, contattabile al numero... per qualsiasi chiarimento o dettaglio aggiuntivo. Per ragioni editoriali, saremmo grati di ricevere un riscontro entro martedì 17 giugno. In caso di disponibilità per un’intervista video, restiamo a disposizione per concordare tempi e modalità. Ringraziando per l’attenzione, porgiamo cordiali saluti».

Ora, leggendo questa email, emerge immediatamente una questione che meriterebbe un approfondimento da parte della stessa Report. Il punto non è tanto ciò che mi hanno chiesto – e su cui ho risposto con assoluta trasparenza – quanto piuttosto l’origine di queste informazioni e il vero scopo di chi le ha fornite. Perché c’è un dettaglio tecnico che dovrebbe far riflettere qualsiasi professionista dell’informazione: il generale Mario Mori mi ha contattato telefonicamente. E in quel periodo – come ancora oggi – risultava indagato dalla Procura di Firenze nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria. Questo significa, molto probabilmente, che le sue conversazioni telefoniche sono soggette a intercettazioni. Chi è realmente questa «fonte molto autorevole»?

La mia risposta, che ho voluto fosse integrale e trasparente, è stata la seguente: «Gentile redazione, in merito alla vostra richiesta, preferisco rispondere per iscritto con alcune precisazioni. È vero che, nel corso del 2023, il generale Mario Mori ha manifestato l’idea di propormi come consulente della Commissione parlamentare Antimafia. Ed è vero che ho rifiutato, soprattutto perché, per una mia inchiesta a puntate del 2018, sono stato querelato dallo stesso dottor Roberto Scarpinato, condannato in primo grado e attualmente in attesa di appello. Quanto alla questione del senatore Scarpinato, ho semplicemente espresso – come peraltro già scritto pubblicamente in diversi articoli su Il Dubbio – l’esistenza di un possibile conflitto d’interessi legato alla sua presenza nella Commissione, alla luce del suo passato coinvolgimento nella nota inchiesta “mafia e appalti”, di cui fu titolare in un procedimento tuttora controverso. Nello specifico, ho sempre riportato che tra i firmatari della richiesta di archiviazione del 13 luglio 1992 – relativa a quell’indagine – figurava anche l’allora sostituto procuratore Roberto Scarpinato, oggi membro della Commissione Antimafia in qualità di senatore del Movimento 5 Stelle. Così come, anche recentemente, nella trasmissione Farwest su Rai 3, ho espresso pubblicamente la stessa valutazione di possibile "conflitto di interessi". Non c’è nulla di riservato né tantomeno di "eclatante" in queste considerazioni: si tratta di fatti noti e pubblici, sui quali ho svolto un lavoro giornalistico approfondito negli anni. Il generale Mori, verosimilmente, mi ha contattato proprio perché sono uno dei pochi giornalisti ad aver seguito con attenzione la vicenda "mafia e appalti", sulla quale per trent’anni non si è mai voluto davvero approfondire. Chiedo che questa mia risposta venga letta integralmente nel corso della trasmissione».

Qui emerge una riflessione che dovrebbe interessare tutti noi professionisti dell’informazione. Report, trasmissione che rappresenta per molti un punto di riferimento, sembra stia costruendo un servizio sulla Commissione Antimafia presieduta da Chiara Colosimo basandosi su informazioni fornite da una fonte che, alla luce dei fatti, potrebbe non essere del tutto disinteressata. È lecito chiedersi se questa «fonte molto autorevole» non abbia un preciso interesse nel veicolare una determinata narrazione, orientando l’inchiesta verso conclusioni predeterminate.

Il contenuto della conversazione che mi ha coinvolto è, in realtà, di una banalità disarmante. Il dottor Mori mi ha proposto di entrare nella Commissione proprio perché sono uno dei pochi giornalisti ad aver seguito con attenzione la vicenda del dossier “mafia e appalti”, una storia su cui per trent’anni si è preferito sorvolare. Una vicenda che ho raccontato in decine di articoli, sempre con documenti alla mano e sempre in modo trasparente. Nel corso della nostra conversazione, ho semplicemente espresso quella che è una mia convinzione pubblica e notoria: la presenza del senatore Roberto Scarpinato nella Commissione Antimafia configura un possibile conflitto d’interessi. Non è una valutazione sussurrata nei corridoi del Palazzo – io che non li ho mai frequentati, preferendo rimanere nel mio quartiere romano di Torpignattara e frequentare gente semplice come me – ma una considerazione che ho espresso in diversi articoli e persino in televisione, nella trasmissione Farwest su Rai 3.

Questo episodio dovrebbe suggerire ai colleghi di Report una riflessione più ampia: chi ha interesse nel far emergere proprio questa conversazione? E soprattutto, quali sono le reali intenzioni di chi ha fornito queste informazioni? Perché il rischio, per una trasmissione come Report, è quello di diventare inconsapevolmente il veicolo di una strategia comunicativa studiata a tavolino da soggetti che hanno tutto l’interesse a spostare l’attenzione dai veri nodi problematici. Ecco la vera inchiesta che Report dovrebbe condurre, avendo più risorse rispetto al nostro giornale: scoprire chi negli apparati giudiziari o politici dello Stato sta violando sistematicamente il segreto istruttorio per alimentare tesi depistanti.

Questo è il vero scandalo, non il fatto che un giornalista di periferia come me abbia parlato con un generale in pensione o espresso dubbi sulla presenza di Scarpinato nella Commissione Antimafia. Comprendo che può essere più semplice confezionare un servizio su presunti “depistaggi istituzionali”, dipingendo figure come Mario Mori come grandi burattinai – nonostante non risulti, del resto, alcun consulente a lui riconducibile in Commissione – piuttosto che indagare i complessi meccanismi attraverso cui certe fonti orientano il lavoro giornalistico verso obiettivi che potrebbero non coincidere con la ricerca dei fatti.

L’auspicio è che Report, con la sua consolidata autorevolezza, possa sviluppare un’analisi più approfondita delle fonti e delle motivazioni che stanno dietro certe segnalazioni, evitando di diventare inconsapevolmente strumento di chi preferisce preservare equilibri di potere fingendo di sfidarli. Per quanto mi riguarda, al netto di soldi e potere — che non ho e che rifuggo — la differenza tra me e il senatore del M5S Scarpinato sta proprio in quella telefonata intercettata: io ho rifiutato riconoscendo il mio “conflitto di interesse”. Lui evidentemente ancora no.