Da ormai qualche mese hanno ripreso vigore le istanze, provenienti da più parti, finalizzate ad ottenere dal governo la riapertura delle sedi di alcuni tribunali soppresse una decina d’anni or sono. Per il Veneto, in particolare, queste istanze mirano alla riapertura della sede di Bassano del Grappa, che si vorrebbe costituisse il nuovo Tribunale della Pedemontana. Ma non hanno certo tardato a farsi sentire altre realtà territoriali, anch’esse desiderose di veder riaprire sedi soppresse. Si tratta di istanze cui il governo ha detto di voler prestare grande attenzione. Tanto che sono già intercorsi incontri con gli amministratori locali e con i rappresentanti delle categorie economiche, i quali si sono dichiarati assolutamente favorevoli all’ipotesi.

Si tratta di istanze che, a nostro modo di vedere, non sono in alcun modo condivisibili e che sono - e ci portano fuori dal tempo in cui viviamo. Si tratta, anzitutto, di analizzare le ragioni che vengono indicate dai fautori delle riaperture. Si dice, sotto questo profilo, che assicurare al cittadino un accesso alla giustizia “prossimo”, sarebbe di per sé un valore di assoluto rilievo, per le imprese ed anche per le fasce più deboli; si dice, che circondari più piccoli sarebbero più efficienti, garantendo quella tanto ricercata celerità dei procedimenti capace di dare “risposte al territorio”.

Una considerazione preliminare – banale, se volete – deve essere svolta. Come sappiamo fin troppo bene, le risorse sono limitate e l’istituzione (la riapertura) di queste nuove sedi avverrebbe “a saldo invariato”, senza cioè risorse aggiuntive. Non solo e non tanto per quanto riguarda le strutture vere e proprie, ma soprattutto per quanto riguarda magistrati e personale di cancelleria. I quali, quindi, dovrebbero essere “ridistribuiti” in queste nuove sedi e sottratti, conseguentemente a quelle in cui oggi prestano la loro opera. Sedi queste ultime che, com’è noto già versano oggi in difficoltà.

Ciò detto, anche sul valore della “prossimità” è necessario essere chiari. Anzitutto, il cittadino accede direttamente al servizio giustizia sostanzialmente solo con riferimento alla volontaria giurisdizione, per cui sotto questo profilo, sarà sufficiente istituire degli appositi presidi. Non solo. Ma un tempo la sede del Tribunale dislocata nel territorio aveva un senso in relazione ai tempi necessari per raggiungere, per esempio il capoluogo di provincia. Oggi quei tempi si sono accorciati moltissimo, per cui il Tribunale, anche se dislocato nel capoluogo, è comunque più “vicino” oggi di quanto non fosse la vecchia sede poi soppressa. Infine, a partire dall’introduzione del processo telematico e ancor più con la trattazione di molte delle udienze

civili in via cartolare o in videoconferenza, anche per gli avvocati le distanze hanno in parte perso in buona parte il loro significato. Ma è necessario essere ancora più chiari sulle altre esigenze, sottese alla richiesta di riapertura delle vecchie sedi di Tribunale, legate alla celerità e all’efficienza e, in fondo, alla qualità del servizio giustizia. Va detto, anzitutto, come sia indubitabile che oggi la qualità del servizio giustizia sia legata anche alla specializzazione degli operatori, siano essi magistrati o avvocati. Lo scibile giuridico è ormai di tale ampiezza che non è più ipotizzabile che vi siano soggetti capaci di occuparsi di tutto. Solo dei magistrati (e degli avvocati) specializzati potranno garantire la qualità della giurisdizione e nel contempo la sua celerità. Una specializzazione che, in ragione dell’esiguo numero di magistrati che necessariamente saranno addetti alle sedi riaperte, non sarà in alcun modo possibile assicurare. Ma se così è, dalla ( ri) apertura di nuove sedi non trarrà vantaggio né la qualità della giurisdizione, né la celerità della stessa. Un’ultima considerazione.

I tribunali di dimensioni estremamente ridotte, come sarebbero quelli riaperti, sono i luoghi in cui più frequentemente si manifesta l’autoreferenzialità e il protagonismo, per assenza di controllo sociale. Il magistrato solo, che non può confrontarsi quotidianamente con colleghi che trattano le sue stesse questioni, può finire per assumere contegni e orientamenti legittimati solo dalla circostanza che in quel luogo è solo lui a decidere. E ciò può portare con sé rapporti connotati da opacità, generati dalla necessità di ingraziarsi la benevolenza di chi è arbitro unico dell’amministrazione della giustizia.

Tutti fenomeni che non abbiamo alcun bisogno di accentuare e men che mai di favorire. E che certo non rispondono né agli interessi delle imprese né a quelli dei cittadini.

Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Padova – Francesco Rossi, Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Treviso – Diego Casonato, Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza – Alessandro Moscatelli.