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Giovanni Toti ex presidente della Regione Liguria
Diamo l’immunità sugli arresti anche ai sindaci e ai presidenti di Regione. Forse è l’unica soluzione per impedire il moltiplicarsi dei “casi Toti”. In realtà la strada vera sarebbe quella dell’orgoglio della politica, ma pare impossibile. Perché metà Parlamento sta con la bava alla bocca, e l’altra metà teme la magistratura. Così è un ricatto continuo e a Genova alla piazza con la bava alla bocca non si è saputa contrapporre l’altra piazza a difendere seriamente, concretamente, con orgoglio, i nove anni di buon governo del centrodestra in Liguria.
Era già capitato in altre Regioni, governate dalla sinistra. Ma lì il problema non si era proprio posto, la decapitazione era stata immediata, da parte degli stessi partiti colpiti dalle inchieste della magistratura. Il Pd in particolare, in Umbria come in Calabria e Basilicata, aveva eliminato e rinnegato i propri figli. Senza imbarazzo, emettendo la sentenza prima che arrivassero processi in larga parte assolutori. Se da una parte del mondo politico è stato decisamente dannoso questo comportamento di marca staliniana, non è stato meno nocivo, dall’altra parte, quello dell’ambiguità. Quello del sono solidale però, abbiamo governato bene ma intanto cominciamo a preparare le liste per le elezioni anticipate, piuttosto che auspicare per la volta successiva un candidato civico piuttosto che di partito. In ambedue i casi ha trionfato la debolezza della politica. Il che non significa che la giustizia, quella certa giustizia che, come ha detto Sabino Cassese nell’intervista al Dubbio, mostra aggressività perché vuole controllare la virtù, sia realmente forte. L’arroganza non è forza, è solo l’insicurezza che si fa largo all’interno delle debolezze altrui.
E allora si potrebbe metter mano a questa piccola grande riforma, magari sulla scia di quella clamorosa controriforma con cui nel 1993 il Parlamento più impaurito della storia repubblicana tagliò la testa all’immunità. Quella salvaguardia di indipendenza voluta dai saggi padri costituenti. Uno scampolo di autorizzazione a procedere delle Camere è però sopravvissuto a quella strage di civiltà e riguarda l’impossibilità di arrestare, perquisire o intercettare un deputato o un senatore senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza. Perché dunque non estendere questa garanzia anche ai presidenti di regione e ai sindaci?
Sappiamo quanto lunga e faticosa sia stata la strada per arrivare all’abolizione del reato di abuso d’ufficio, quella morsa soffocante sui primi cittadini poi assolti nel 97% dei casi. Ed è inutile ripetere l’elenco delle Regioni andate a gambe all’aria per inchieste avviate da pubblici ministeri militanti o semplicemente incapaci. E allora lasciamo alle assemblee degli eletti, nei Comuni o nelle Regioni, il compito di decidere se autorizzare iniziative di magistratura che incidono sulle garanzie fondamentali del cittadino, a maggior ragione se chiamato a guidare una città o un’intera regione. Se ne facciano una ragione quelli come Piercamillo Davigo, sulla cui disinvoltura si sono già pronunciati due tribunali, al quale certe regole dello Stato di diritto paiono ignote. Non c’è da meravigliarsi del fatto che l’ex magistrato del pool più restio alle regole della storia polemizzi con i deputati Costa e Benzoni per la presentazione di un ordine del giorno sulla riforma dell’articolo 274 del codice di procedura penale nella parte sulla reiterazione del reato. Quella la cui costituzionalità è più dubbia. Ma è veramente scandaloso che proprio colui che dissennatamente fu definito dottor sottile metta in discussione il valore delle testimonianze nel processo, nella dialettica tra le parti. Per Davigo dovrebbe essere sufficiente una bella chiacchierata del teste in caserma. Ma si, aboliamo del tutto il processo, dunque! Basterebbe un giudice a fare da passacarte delle questure. Oddio, già un po’ capita.
A Genova infatti, mentre la giudice Paola Faggioni assicura che, con la decisione del processo immediato con la fissazione dell’apertura il prossimo 5 novembre già decisa, la parte delle indagini preliminari è terminata, ogni giorno la Guardia di finanza sforna nuove carte contro Giovanni Toti. Che poi nuove non sono, come ha fatto notare l’avvocato Stefano Savi. È a loro che Davigo vorrebbe affidare le garanzie costituzionali?
I volonterosi in Parlamento non mancano e neanche nel governo. Matteo Salvini pare essersi attribuito il ruolo di vero successore di Silvio Berlusconi, non solo perché al leader di Forza Italia ha già intestato un importante aeroporto senza consultare nessuno, ma anche perché propone una qualche forma di scudo giudiziario perché quelli come Toti non debbano più subire ricatti ed essere obbligati alle dimissioni per poter avere la libertà. Poi ci sono i deputati di Forza Italia Pietro Pittalis e Tommaso Calderone che hanno da tempo presentato proposte di legge per modificare la legge Severino e per porre paletti ai termini di custodia cautelare. Proposte sensate e utili. Ma forse pensare all’immunità sarebbe più radicale. O è un sogno impossibile?