La vittimizzazione secondaria «è un fenomeno che potrebbe apparire paradossale se non fosse tragicamente reale». Lo ha sottolineato la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, intervenendo in Senato alla presentazione della relazione su questo tema da parte della Commissione d’inchiesta sul femminicidio, che per la prima volta ha indagato e quantificato in maniera scientifica questo fenomeno "invisibile". «Significa una vittimizzazione che non si verifica come diretta conseguenza dell’atto criminale ma attraverso la risposta di istituzioni e individui alla vittima. In altre parole - ha spiegato - si tratta di un aggravamento, di un pregiudizio, di un’ulteriore ferita inferta alla vittima da parte delle istituzioni o degli individui che dovrebbero essere chiamati a proteggerla. È un fenomeno che fa tremare le vene ai polsi per la responsabilità che ricade su chi è chiamato a occuparsi delle donne vittime di violenza e su tutte le istituzioni». «Tra le situazioni più gravi ai miei occhi, puntualmente riportate nella relazione, vi è quello delle donne che, per il fatto di aver subito violenza, vengono considerate "cattive madri", madri inadeguate. Madri che, oltre ad aver subito violenza, vengono allontanate anche dai figli che, in questa lettura, non sarebbero state in grado di proteggere. I 1500 casi esaminati da questo documento mostrano che non di rado le donne che denunciano e si separano dal compagno violento subiscono anche queste conseguenze. E i figli con loro», ha sottolineato la ministra. Occorre, e questa relazione lo fa, anzitutto dare un nome alle cose: ad esempio quando scandisce con chiarezza che «la violenza assistita è da considerare anch’essa violenza sui minorenni». «Non ci può e non ci deve essere spazio per teorie destituite di ogni fondamento scientifico come la sindrome di alienazione parentale, come ho già avuto modo di dire anche in Parlamento citando le ultime pronunce della Corte di Cassazione in linea di continuità con quanto espresso dalla Corte costituzionale», ha ribadito la ministra. «Le norme pur necessarie in questo ambito non basteranno, occorrerà investire nel capitale umano e sulla formazione iniziale e permanente di tutti gli operatori. Investire nella formazione - ha sottolineato la ministra - credo che possa costituire una delle chiavi di cambiamento».