Chissà se davvero il ministro della Giustizia Andrea Orlando si accorgerà stamattina di trovarsi con un interlocutore più forte, forse un alleato, e con una novità politica vera. Chissà come usciranno gli avvocati alla fine della tre giorni di Rimini dopo che il vulcano delle loro passioni è arrivato a ribollire fino a incandescenze terribili ma ha dimostrato una forza bisognosa solo di una direzione chiara. Certo è che il trentatreesimo Congresso nazionale forense mette il punto sul tema divisivo, quello della rappresentanza, e ora mette alla prova la categoria nella sua capacità di incidere sulle decisioni politiche. Vince dunque la mozione che prevede il superamento dell’Oua, con 591 voti, molti di più rispetto ai 465 del quorum previsto, 204 contrari e 134 astenuti. Il documento basato sull’istituzione di un nuovo Organismo congressuale forense vede prevalere la linea indicata dal Cnf. Ma l’esito è suggellato da un lungo abbraccio tra il presidente Andrea Mascherin e Mirella Casiello, ultima presidente dell’Oua.LE LACRIME PER AMATRICEChe la prima urgenza fosse trovare una volta per tutte un’unità di rappresentanza, senza più occuparsi di doverla ridiscutere, lo si capisce dagli applausi che travolgono Mario Napoli, presidente dell’Ordine di Torino, quando spiega il mandato ricevuto dall’assemblea del suo foro: “Qualsiasi soluzione, purché l’avvocatura possa rispondere in modo unitario a questo momento di crisi”. E qui davvero nella platea del Palacongressi si produce il miracolo di un consenso che, a occhio, pare travalicare la divisione tra gli schieramenti. Perché dentro l’idea dell’avvocato Napoli c’è tutto, c’è il rifiuto espresso giovedì da Andrea Mascherin, dell’eterna diatriba sugli Organismi, ma c’è anche l’appello di Mirella Casiello, che a sua volta, nella relazione di due giorni fa, aveva rilanciato l’allarme sulle difficoltà economiche che soffocano la professione. Ma che l’energia sia la stessa per tutti, che le liti la tradiscano un po’, si avverte quando sul palco della sala plenaria si affaccia un avvocato, dall’aria commossa e gli occhi pieni di speranza inesausta: “Sono Luca Conti, il presidente dell’Ordine di Rieti e vorrei dirvi una cosa: forse non ve ne accorgete nemmeno ma l’avvocatura sa essere davvero unita e l’ho sperimentato come rappresentante di un territorio colpito da una catastrofe immane”. Le macerie di Amatrice e Accumoli improvvisamente cancellano il furore delle mozioni contrapposte, e millecinquecento avvocati si alzano in piedi ad applaudire, a piangere e a inorgoglirsi nel sentire Conti andare avanti: “Il mio Consiglio dell’Ordine si è subito mosso di fronte ai lutti e alla distruzione di edifici, monumenti  abitazioni,  ha aperto una sottoscrizione: ecco, qui non posso perdere occasione per ringraziare l’avvocatura italiana che stavolta in  modo unitario ha risposto al nostro appello. Sul nostro conto sono stati già bonificati 70mila euro”. L’energia c’è, l’unità sa esprimersi quando in gioco entrano la vita e il sostegno perché rinasca, sarebbe imperdonabile non ritrovare la stessa forza unitaria nelle battaglie per la categoria. Questo insegna Conti che però non lo dice mai in modo esplicito, lo rappresenta con la sua sola testimonianza: “Faccio appello a non interrompere la vostra generosità, i proventi verranno utilizzati per rimettere in piedi un edificio che individueremo. Ma non posso dimenticare”, e qui il presidente di Rieti arriva al momento più doloroso e emozionante, “i colleghi dell’Aquila che, forse perché consci di cosa significhi una tragedia così, sono venuti direttamente a trovarci, senza annunciarsi prima”.ASSOCIAZIONI, IL NUOVO RUOLOLì è difficile resistere alle lacrime. Ma prima e dopo Conti si ascoltano anche parole piene di rabbia per le questioni di ordinamento. Si arriva all’invettiva furente con Salvatore Lucignano, avvocato napoletano che legge un attacco al presidente Mascherin trasfigurato nel “papero” di una fattoria degli animali forense, con un ministro della Giustizia che viene riletto in chiave disneyana anziché orwelliana e diventa Gastone. Meno sceneggiata l’esposizione di Rita Perchiazzi, presidente delle Camere minorili, che come altri leader di associazioni si lamenta per un passaggio della mozione poi uscita vincitrice: “Non può essere messo in discussione il ruolo di soggetti come il nostro, che offrono un contributo indispensabile nelle materie specialistiche e dovrebbero partecipare alle assemblee al pari dei presidenti degli Ordini”. Laura Iannotta individua un aspetto specifico del documento, preparato dal numero uno degli avvocati fiorentini Sergio Paparo: “Non va bene l’inciso in cui si dice che la consultazione delle associazioni avverrà ‘se ritenuto’: è offensivo, potrebbe voler dire anche ‘mai’. Ciò non toglie”, aggiunge la presidente dell’Unione Camere civili, “che il nostro rapporto con il Cnf sia propositivo, e francamente che sia sempre il Cnf a portare le proposte ai tavoli parlamentari e governativi non cambia la sostanza della nostra collaborazione”. Su un registro in parte analogo anche Patrizia Corona, presidente dell’Unione triveneta: “Gli ordini non possono delegare ad altri le loro funzioni amministrative e politiche, così come le associazioni con il loro fermento esprimono la libertà della professione: ma c’è un punto in cui dobbiamo trovare l’unità in modo sostanziale, ed è questo lo spirito in cui si muove l’Agorà degli Ordini. Non possiamo più permetterci che la politica ci rinfacci di non capire cosa dice l’avvocatura”.IL DILEMMA TRA REGOLE E CONTENUTIMa i toni aspri non si limitano al surrealismo di Lucignano: molto critico con la mozione preparata da Paparo è una figura storica dell’Organismo unitario e dell’avvocatura in generale, Maurizio De Tilla, secondo il quale “la scelta di un soggetto autonomo di rappresentanza avvenne proprio affinché non tutto fosse sotto l’egida del Cnf: abbiamo diritto ad avere l’Oua”. Ma la tesi del professionista napoletano è contraddetta punto per punto dal presidente dell’Ordine di Brescia Gino Frattini: “La legge professionale stabilisce che il Cnf ha competenza esclusiva nella rappresentanza dell’avvocatura italiana, che l’Oua avrebbe il fine esclusivo di dare attuazione alle deliberazioni del Congresso e che però bisogna eleggere un nuovo organismo”. Da qui lo “sconcerto per un dibattito che si occupa di modalità già definite e ignora i temi della libertà e dei diritti”. È quello che lamenta anche Gennaro Torrese (Torre Annunziata): “Dovremmo essere i protagonisti assoluti nel dibattito sulla riforma costituzionale, ne siamo del tutto fuori”. Stefano Foglia delle Curie pugliesi ricorda che “c’è il diritto di parola ma non quello di insulto”. Michele Vaira, numero uno dell’Aiga protesta perché “nella scaletta degli interventi non si può seguire il criterio dell’ordine di prenotazione come al Giudice di Pace di Trinitapoli”. Ma il più sferzante di tutti alla fine è Ermanno Baldassarre, che parla per gli Ordini della Lombardia e che tra lo sconsolato e il perfido conclude: “Se si deve parlare in 5 minuti non si arriva con un testo scritto e la pretesa di leggerlo tutto: ripristiniamo i corsi di retorica”.