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ferri cosimo magistrato
È stata respinta, come prevedibile, l’istanza di ricusazione presentata la scorsa settimana da Cosimo Ferri nei confronti di tre componenti della sezione disciplinale del Csm, i togati Giuseppe Cascini, Giuseppe Marra ed Elisabetta Chinaglia. La difesa di Ferri, rappresentata dall'avvocato romano Luigi Panella, aveva sottolineato come i tre in qualche modo fossero “prevenuti” nei confronti dei suo assistito per aver espresso in passato dei giudizi non proprio lusinghieri. Il collegio ha quindi deciso di tagliare tutti i testi prodotti dalla difesa e di disporre l’interrogatorio di Ferri il prossimo 18 ottobre.
Nei confronti di Ferri, giudice e deputato renziano non rieletto alle ultime elezioni, era stato chiesto dalla Procura generale della Cassazione il giudizio disciplinare per la vicenda relativa all'incontro fra Silvio Berlusconi ed il giudice della Cassazione Amedeo Franco, avvenuto a Palazzo Grazioli a febbraio del 2014.
Franco aveva raccontato cosa avvenne nelle camera di consiglio che nell’agosto del 2013 condannò in via definita per frode fiscale il Cav, affermando che quella non era una corte ma un “plotone di esecuzione” e che era stata compiuta una vera “porcheria”. Ad organizzare l'incontro era stato Ferri, all’epoca sottosegretario alla Giustizia del governo Letta. L'audio di quell'incontro, registrato dalla staff dell'ex premier all'insaputa di Franco e di Ferri che lo aveva accompagnato, venne diffuso alcuni anni più tardi, dopo la morte del primo avvenuta nel 2019.
«Io ero assolutamente ignaro della registrazione», disse Ferri all'indomani della diffusione del nastro. «Io – aggiunse – non avevo grandi rapporti con lui (Franco, ndr). Abitava vicino al ministero e un giorno lo incrocio. Era un po' agitato e mi chiede: “Sei in grado di prendermi un appuntamento con Berlusconi visto che sei sottosegretario?”. Mi dice che ci teneva molto a incontralo. Gli rispondo affermativamente: “Sì sì, lo prendo, sento. Ci sono stati due incontri: uno velocissimo e un altro più lungo, dove li ho lasciati lì a parlare tra di loro. Sono stato quasi spettatore e penso che si capisca dalle registrazioni. Non mi ricordo neanche di essere intervenuto».
Anche se rimase in silenzio durante quegli incontri, la Procura generale ha ipotizzato a carico di Ferri una "grave scorrettezza" nei confronti dei componenti del collegio della Cassazione. Alla contestazione di non aver segnalato l'accaduto, Ferri si era giustificato dicendo di non aver alcun obbligo giuridico non essendo nell’esercizio delle funzioni in quanto magistrato fuori ruolo e di non essere in grado di verificare la veridicità delle affermazioni di Franco, che contrastavano con il fatto che lui avesse condiviso e firmato la sentenza.
I legali di Berlusconi, il professor Franco Coppi e l’avvocato Niccolò Ghedini, recentemente scomparso, avevano precisato che l’audio era stato diffuso prima della morte del giudice della Cassazione "seppur non pubblicamente". Già nel marzo del 2016 la bobina era stata infatti depositata alla Cedu dove era pendente il ricorso contro la sentenza di condanna. L’avvocato Panella ha comunque depositato una consulenza da cui emerge che la bobina e il suo contenuto sono stati alterati. Su quanto avvenne nella camera di consiglio vennero fatti anche accertamenti dalla Procura di Roma al termine dei quali era emerso che prima di iniziare la discussione i colleghi si erano accorti che Franco aveva in tasca un registratore che gracchiava. Franco, allora, sostenne di sentirsi male e corse in bagno. Una volta tornato, giurò che non stava registrando nulla. Un altro giudice, evidentemente non fidandosi di quanto affermato da Franco, andò allora in bagno e trovò il registratore che venne poi consegnato al presidente del collegio Antonio Esposito.
Franco, comunque, non fu denunciato, e la camera di consiglio si concluse con la condanna di Berlusconi. A novembre del 2014, la quinta commissione del Csm, quella per gli incarichi direttivi, candidò Franco a presidente di sezione della Cassazione. Nomina che venne ratificata dal plenum a febbraio 2015 con due astensioni: Ercole Aprile, uno dei cinque giudici che avevano composto il collegio Mediatrade, e Nicola Clivio, ora giudice del dibattimento penale a Milano, entrambi della corrente progressista Area.