Il tribunale è un mondo parallelo governato da regole proprie e i profani che entrano si riconoscono immediatamente. Nel caso del Tribunale civile di Roma, dallo sguardo spaesato davanti all’enorme cartello che indica la distribuzione degli uffici. I professionisti – giudici, cancellieri, avvocati e praticanti – si muovono di corsa, perfettamente a loro agio nel superare le file che ingorgano il passaggio. Si infilano in corridoi laterali seminascosti dietro gli armadi pieni di fascioli, distinguono i piani in base alla Sezione e non hanno dubbi su quale sia l’ingresso - dei cinque possibili - più conveniente per andare dove devono. Il blocco- tribunale, infatti, è composto da due diversi edifici, ex caserme disposte una accanto all’altra su viale Giulio Cesare e separate da via Lepanto. «Devo andare alla Quarta mobiliare chiede un avvocato al collega entrata Giulio Cesare 54 o 54b? ». Sono due portoncini speculari, distanti poco più di un centinaio di metri e i frequentatori sanno che al civico 54 sono ospitate le sezioni Sesta e Settima civile e le Sezioni lavoro Terza e Quarta.

Quando si entra, la prima cosa a colpire è il frastuono. Per dimensioni, è il tribunale più grande d’Europa: tredici sezioni ordinarie e quattro per il rito del lavoro, con poco meno di 400 magistrati ordinari e un centinaio di Got, i giudici onorari. Un tribunale endemicamente sotto organico, sia di magistrati che di personale amministrativo, che a fine 2016 contava circa 193mila procedimenti pendenti. Una verità che ogni operatore del diritto conosce, ma anche un problema che ha progressivamente modificato il modo di lavorare di tutti: accanto alla macchina istituzionale ufficiale, infatti, si affiancano alcune prassi non scritte, che organizzano il lavoro e in modo da aggirare le disfunzioni del meccanismo ufficiale. La prima regola da imparare sono gli orari: il tribunale apre alle 8 del mattino, le cancellerie dove depositare gli atti e ritirare le copie alle 9. Le file possono far perdere intere mattinate se non si sa come gestirle, per questo per alcuni il lavoro inizia prima. «Ma a che ora è arrivata lei, per avere il numero 15? Io ero qui al- le 9 in punto ed ero già quarantesima!» chiede una signora, seduta in una delle poche sedie a disposizione, davanti alla cancelleria del giudice tutelare. «Le liste si scrivono prima che apra il tribunale, io sono arrivata poco prima delle 8», spiega la sua vicina, in jeans e scarpe da ginnastica e con una valigia piena di atti. A Roma, moltissimi studi legali si affidano a cosiddette “agenzie per i servizi legali”, che si occupano di svolgere tutte le incombenze negli uffici del tribunale al posto degli avvocati o del loro personale di segreteria. Esiste un tariffario preciso: 10 euro per le iscrizioni a ruolo delle cause al tribunale ordinario, 20 per la Corte d’Appello e la Cassazione; 25 euro invece, per le notifiche. E, accanto alle agenzie, un sottobosco di “professionisti delle file” si fanprodotto no pagare leggermente di meno per fare i cosiddetti “giri”, in proprio, disposti a presentarsi davanti al tribunale anche prima delle 7 pur di essere primi in lista. L’arte è sapere come e quando muoversi da un ufficio all’altro. Alcuni giorni sono più sfortunati di altri, e le file si allungano. «Sono le 12 e hanno fatto solo quattordici persone – si lamenta un’avvocato, che guarda l’orologio per calcolare quanto ci metterà a raggiungere la sezione dove dovrà discutere una causa – la settimana scorsa ne smaltivano almeno una cinquantina al giorno». Accanto ai professionisti, tra le file si incontrano anche i clienti, mandati a svolgere alcuni incombenti in proprio, che si guardano intorno spaesati e incerti se andare via o rimanere.

L’inventiva degli operatori ha un ordine di servizio ufficioso: gli impiegati di queste agenzie arrivano alle 7, davanti alle porte chiuse del tribunale, e compilano le cosiddette “liste”. Una per ogni cancelleria, indicata con il numero di stanza. I fogli, poi, vengono appesi fuori dalla stanza e fanno fede come elenco della giornata. Attenzione, però: alle 9 – orario di apertura – e alle 11 il cancelliere legge l’appello e chi non è presente viene cancellato. Nella stanza si entra uno per volta e la porta è piantonata da chi viene dopo in lista, per evitare di venire depennati.

Il meccanismo delle liste fuori dalle porte del tribunale è invece vietato all’ufficio notifiche, uno dei pochi dotati di contanumeri elettronico. Qui esiste una fila specifica per le agenzie: vengono distribuiti settanta numeri al giorno, dalle 9 alle 13. Gli avvocati invece possono ritirarne 120, che poco prima delle 11 del mattino sono di solito già esauriti. Appena fuori, un via- vai di trolley carichi di atti e fascicoli.

Oggi, il processo civile telematico ha snellito non poco le file in moltissime sezioni. Per chi conosce la dinamica del tribunale, però, il tutelare rimane l’ufficio più difficile: qui si chiedono le nomine di amministratori di sostegno, dei curatori e tutori, e si accettano le eredità e si chiedono autorizzazioni al giudice. Molti di questi atti, però, possono essere chiesti personalmente dalle parti, e quindi il processo telematico non è potuto entrare in funzione totalmente.

In questo brulicare si muovono ogni giorno alcune migliaia dei venticinquemila professionisti romani, cui si aggiungono diecimila praticanti. Sempre meno, almeno secondo i colleghi anziani che si stupiscono quando un collega si presenta con un giovane a fianco. In cancelleria, si riconoscono perché fanno la fila in giacca e cravatta o con i tacchi, invece che con le comode scarpe da ginnastica di chi fa del deposito atti una professione. In udienza, invece, hanno sempre il tesserino in mano per farsi inserire dal giudice nel verbale, per totalizzare il numero di udienze necessarie a completare la pratica. Le udienze iniziano alle 9, ma il passaggio quasi obbligato per chi non deve andare prima in cancelleria è la colazione. Il bar più vicino è all’incrocio tra via Lepanto e viale Giulio Cesare: l’insegna luminosa dice bar Lepanto, ma per tutto il tribunale è “il bar del sorcio”. Si entra a livello strada, ma si devono scendere tre gradini per arrivare al bancone ed ecco il soprannome: la tana del topo. Fuori, invece, regna il traffico e le strade intasate dalle macchine in doppia fila, gli autobus che cercano di passare e la distesa di motorini dei fortunati che si spostano sulle due ruote.

Il caos organizzato si spegne improvvisamente, all’una in punto. I corridoi si svuotano: è l’ora di chiusura degli uffici e solo qualche giudice fissa udienze dopo l’ora di pranzo. Il rumore diminuisce, il parcheggio dei motorini si svuota e finalmente nelle vie limitrofe al tribunale si trova parcheggio. Il quartiere Prati si spopola, in attesa di una nuova mattina, che inizia al “bar del sorcio” oppure qualche ora prima, davanti alle porte ancora chiuse delle cancellerie.