Flash mob davanti alla Cassazione per esprimere «solidarietà e vicinanza» ai colleghi di Monza e alle giudici onorarie di Palermo in sciopero della fame: oltre un centinaio i magistrati accorsi davanti al luogo simbolo della Giustizia con rosa gialla e toga alla mano per l'iniziativa organizzata stamattina dai giudici di pace di Roma e del Lazio, in contemporanea con altre città italiane. La magistratura onoraria «vive da anni una situazione di "caporalato di Stato" - denunciano gli organizzatori della manifestazione - in quanto privi di ogni diritto assistenziale e previdenziale, senza le garanzie di base garantite dalla Costituzione ad ogni lavoratore: questa categoria che, "in nome del popolo Italiano", smaltisce oltre il 60% del contenzioso con competenza in materia civile, penale e nel delicato settore dell’immigrazione clandestina, è stata privata da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni da ogni tutela». A portare il sostegno alla protesta dei magistrati ordinari il pm romano e segretario di Area, Eugenio Albalmonte. Il governo, sostengono ancora i giudici di pace, «non rispetta le direttive dell’Unione nè la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea che con la nota sentenza del 16 luglio 2020» ha equiparato le toghe onorarie «per retribuzione e trattamento ai magistrati ordinari rischiando quindi la procedura d’infrazione a spese dei cittadini italiani». Quindi, concludono gli organizzatori del flash mob, «confidiamo che con questa manifestazione davanti al Palazzo di Giustizia, sede anche di Anm, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, appena insediato, voglia farsi finalmente promotore e garante dei diritti costituzionali dei magistrati onorari italiani da troppi anni calpestati». Solidarietà anche da parte dell'Ordine degli avvocati di Roma e dall'Anm che esprime la propria vicinanza in una nota: «Si susseguono in questi giorni manifestazioni di protesta dei magistrati onorari in servizio che, lamentando un contesto di incertezza di tutele e di precarietà sul piano previdenziale e retributivo, reclamano il riconoscimento della dignità della funzione. Pur considerando la non esclusività del rapporto con l’amministrazione della giustizia e la possibilità di svolgimento di altre concomitanti attività professionali, in sintonia peraltro con la temporaneità dell’incarico conferito, l’Associazione nazionale magistrati esprime la ferma convinzione che non debba essere svilito il ruolo e quindi dimenticato l’importante contributo fornito dai giudici e dai pubblici ministeri onorari». «Per queste ragioni - si legge nel documento - l’Associazione esprime solidarietà per il disagio della categoria e auspica che il Governo e il Parlamento reperiscano le risorse finanziarie necessarie ad approntare le più opportune tutele economiche, previdenziali e sociali». «La situazione è grave e da lunghissimo tempo occorre intervenire e gli avvocati, primi difensori dei diritti e delle libertà dei cittadini, non possono restare sordi, proprio perché quei diritti sono negati in maniera tanto eclatante», commenta il presidente del Coa Roma, Antonino Galletti. A riprova della bontà delle tesi dei giudici di pace infatti esistono le direttive dell’Unione e perfino la giurisprudenza della Corte di giustizia europea che recentemente, con sentenza del 16 luglio scorso, ha equiparato le toghe onorarie «per retribuzione e trattamento ai magistrati ordinari», ponendo l’Italia nella necessità di dover evitare una procedura d’infrazione a spese dei cittadini italiani. «Un rischio di fronte al quale tutti i governi negli ultimi anni sono rimasti sordi. Speriamo dunque che una voce in più nel coro delle proteste, quella dell’avvocatura romana, sia sufficiente a indurre l’esecutivo a rispettare i diritti dei giudici onorari, peraltro indispensabili al funzionamento della giustizia - conclude Galletti - solo a magistrati onorari motivati e dunque più preparati ed efficienti può corrispondere quel servizio di qualità di cui il sistema ha bisogno».