Il nemico? Di solito è lo Stato, in generale l’amministrazione pubblica. Ma negli ultimi tempi pure l’avvocato è tra i primi della lista. Il caso della class action promossa dal Codacons per le buche di Roma riesce a tenere insieme le due ossessioni.

Mercoledì scorso il Tribunale capitolino ha dichiarato inammissibile l’azione collettiva promossa dall’associazione di Carlo Rienzi nei confronti del Comune e basata sul fatto in sé che molte strade dell’Urbe sono dissestate. Il giudice ha ritenuto indeterminato il danno: gli aderenti alla class action chiedevano di essere risarciti non per infortuni specifici, ma per il fatto stesso di dover «camminare con gli occhi fissi sul marciapiede».

Niente da fare. Ed è così caduta l’idea di poter “fargliela pagare” a un’amministrazione in quanto “nemica”, col paradosso che le tasse di tutti avrebbero dovuto pagare la rivalsa di pochi.

Naturalmente il Campidoglio ha ottenuto ragione dal giudice grazie alla propria avvocatura interna, che a gennaio si era costituita con una memoria difensiva. E pure contro i difensori e la loro linea si era scagliato il Codacons: «Dovevano concordare la difesa con il Sindaco». Cioè, non dovevano fare bene il loro mestiere.

«Gli avvocati della pubblica amministrazione hanno il dovere di difendere l’Ente per il quale lavorano e non è accettabile tradurre il loro operato professionale in un posizionamento ideologico o politico», hanno ricordato Antonella Trentini e Andrea Magnanelli, presidente e vicepresidente dell’Unaep, l’Unione nazionale avvocati enti pubblici. L’obbligo della “miglior difesa possibile” è lo stesso che ricade sui difensori degli imputati per reati “odiosi”, abitualmente aggrediti sui social e non solo. Dal penale al civile, ora anche l’avvocatura comunale di Roma è nel mirino perché fa bene il suo lavoro. Così bene da vincere la causa.

E. N.