«La riforma penale? Una delle peggiori riforme degli ultimi 30 anni»: così ieri dalle colonne del Fatto Quotidiano il Consigliere del Csm Nino di Matteo ha bocciato impietosamente la riforma del processo penale di “mediazione Cartabia”. È vero che molto probabilmente si riferisce all'improcedibilità, ma questo attacco così pesante da parte di un magistrato del suo calibro forse non è casuale a livello temporale.

Ora la riforma Cartabia è legge

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 27 settembre, la riforma Cartabia è diventata legge. L'articolo 2, quello riguardante appunto la nuova prescrizione, è applicabili da subito, mentre per quanto concerne l'articolo 1 occorrerà esercitare la delega su cui stanno lavorando le Commissioni istituite presso il ministero della Giustizia. Si gioca, dunque, un secondo round importantissimo sul piano dei decreti attuativi e la magistratura è pronta a dare battaglia. A maggior ragione, anche l'avvocatura dovrà farsi trovare pronta per vigilare su questa operazione, come aveva avvertito da queste pagine proprio il presidente dell'Unione Camere penali Caiazza. Tuttavia, ci dice l'avvocato Lorenzo Zilletti, responsabile Centro studi Aldo Marongiu dell'Ucpi, «per l'avvocatura sarà complicato vigilare sulla redazione dei decreti attuativi, vista ad oggi la preponderanza assoluta della componente magistratuale nelle sottocommissioni».

Riforma penale, lo scontro delle impugnazioni

Il tema è però capire se sono a rischio le tutele difensive. «Quando si parla di efficienza del processo - sottolinea Zilletti - le garanzie sono sempre in pericolo. Non è facile infatti coniugare il rispetto dei diritti dell'imputato con l'efficientismo e l'idea che i fascicoli siano oggetti da smaltire e non contengano invece vite e vicende di persone». Come già anticipato, «il terreno su cui si verificherà lo scontro maggiore tra istanze della magistratura e quelle dell'avvocatura è quello delle impugnazioni». Se è vero, infatti, che la critica vincolata è stata eliminata, come richiesto dai penalisti, nella riforma si enuncia di «prevedere l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi quando nell’atto manchi la puntuale ed esplicita enunciazione dei rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto espresse nel provvedimento impugnato».

Cosa significa il termine "puntuale"

Per Zilletti, «l'esperienza degli ultimi 20 anni, con le declatorie di inammissibilità in Cassazione per manifesta infondatezza dei motivi, ci insegna come sia pericoloso attribuire alla discrezionalità del giudice la valutazione di requisiti di ricorsi appartenenti più al merito che all'ammissibilità». Bisogna stare attenti anche alle parole, avverte l'avvocato: «L'uso del termine “puntuale” fa riferimento al merito del ricorso, non ai requisiti formali. E questo lascia troppo potere al giudice». Zilletti ci tiene poi ad esprimere «la preoccupazione per cui, anche se i disegni delegati conterranno previsioni efficaci per sanzionare la violazione delle regole acceleratorie della fase delle indagini preliminari, bisognerà poi tener conto della eterna tendenza dei giudici a depotenziare quelle stelle regole». In tale prospettiva, «la partita si gioca, più che sulla riforma del codice, sull'ordinamento giudiziario e sulla separazione delle carriere».

Riforma penale, la proroga delle indagini e le sanzioni disciplinari

Capiamo meglio: la nuova norma prevede che il pm possa richiedere la proroga dell'indagine una sola volta per un termine non superiore a sei mesi «quando la proroga sia giustificata dalla complessità delle indagini». Si chiede Zilletti: «Cosa significa, in pratica, “complessità delle indagini”? È una espressione molto generica. Questi aspetti positivi che la legge delega prevede per introdurre controlli giurisdizionali sui tempi e le modalità di esercizio dell'azione penale rimarranno lettera morta se i decreti non stabiliranno adeguate sanzioni processuali». In pratica che succede se il pm non rispetta i tempi previsti? «Non possiamo illuderci che le sanzioni disciplinari risolvano il problema. Allora, ad esempio, si potrebbe rendere davvero inutilizzabile il materiale acquisito fuori dai tempi previsti dalla legge». Un altro aspetto controverso è il processo in assenza: oggi, ricevuto il mandato per il primo grado, per presentare appello basta una telefonata tra l'avvocato e l'assistito. Con la nuova norma sarà invece necessario uno specifico mandato rilasciato dopo la pronuncia della sentenza. «Questa novità rischia di creare una discriminazione tra imputati di serie A e imputati di serie B. La maggior parte dei processi di primo grado davanti al giudice monocratico riguarda persone difese d'ufficio, che per la loro condizione sociale sono spesso irreperibili. La portata di questa previsione in termini di garanzie è devastante».

Riforma penale, le novità sul gup

Una innovazione riguarda la funzione del gup, per cui si prevede che «il giudice pronunci sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna». Però, sottolinea Zilletti, «il mio timore è che è molto più facile e meno faticoso rinviare a giudizio senza motivare che motivare una sentenza di proscioglimento». In ultimo, una considerazione sull'ufficio per il processo: «La mia preoccupazione è legata alla assenza di garanzie di indipendenza e autonomia da parte di coloro che comporranno gli uffici per il processo». Ad esempio, conoscere eventuali legami tra un componente e le parti del processo. Per un giudice scatterebbe la ricusazione, ma per i suoi nuovi assistenti? «Non ci sarà alcuna possibilità per l'avvocato e i difensori di comprendere fin dove giunga l'apporto dei componenti dell'Ufficio per il processo e quindi di tutelare i propri assistiti da situazioni di mancanza di imparzialità».