Fin qui abbiamo raccontato come l’indagine dei Ros su mafia- appalti è stata seguita fin dall’inizio da Falcone e poi portata avanti da Borsellino. Per completare il quadro, però non si può tener conto delle lettere anonime definite giornalisticamente del “Corvo”. Come un uccello del malaugurio hanno svolazzato sempre quando ci sono stati gli attentati. La prima lettera arrivò a ridosso dell’attentato fallito a Falcone, l’altra invece a cavallo tra la strage di Capaci del 23 maggio 1992 e quella in via D’Amelio del 19 luglio 1992. La prima missiva anonima spunta in un anno spartiacque: il 1989. Il mondo cambia letteralmente volto. La caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre, produce conseguenze politiche, economiche e sociali in tutto il pianeta. Mentre le manifestazioni studentesche in Cina vengono represse nel sangue, in Ungheria si apre la frontiera con l’Austria, creando il primo varco della Cortina di ferro e permettendo la fuga dalla Ddr ( Repubblica Democratica Tedesca, comunemente chiamata Germania Est) di molti suoi abitanti. A novembre, una escalation di pochi giorni, cominciata con la concessione ai rifugiati nelle ambasciate della Germania Ovest di Praga e Varsavia di trasferirsi nella Repubblica Federale, porta alla caduta del Muro di Berlino, festeggiata l’anno seguente con un grande concerto dei Pink Floyd.

Il 1989 è un anno rilevante anche nello scacchiere italiano, sotto il profilo politico, criminale e giudiziario. ll 20 febbraio, a Catanzaro, si conclude il terzo processo per la strage di Piazza Fontana: assolti gli imputati ( Stefano Delle Chiaie e Massimiliano Fachini) per non aver commesso il fatto. La storia si ripete un mese più tardi con l’assoluzione di tutti gli imputati per un’altra strage, quella di Piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974. I fatti più eclatanti si verificano tra le dimissioni del governo De Mita ( 19 maggio) e il giuramento del sesto governo Andreotti ( 23 luglio), pentapartito composto da Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli. Ma l’anno 1989 è anche quello dove per la prima volta in Parlamento arriva un relazione sulla sicurezza dove viene denunciato che mafia, camorra e ‘ ndrangheta hanno superato il terrorismo nella graduatoria delle minacce nella sicurezza nazionale. ll 12 giugno, Angela Casella, madre di Cesare Casella, ragazzo pavese rapito da diciassette mesi dall’Anonima sequestri calabrese, si incatena nella piazza di Locri per denunciare l’incapacità dello Stato nel combattere la criminalità organizzata. La ‘ ndrangheta, infatti, in quel periodo getta le basi della sua trasformazione e notevole espansione, approfittando soprattutto del cono d’ombra generato dal maxi processo palermitano contro Cosa nostra. Mentre gli esponenti di spicco della mafia siciliana sono ad un passo dall’essere condannati definitivamente dallo Stato italiano, le ‘ ndrine calabresi controllano i territori, gestiscono in modo monopolistico il traffico di cocaina e riciclano il denaro acquistando beni immobili e attività commerciali, cominciando progressivamente a scalare le gerarchie criminali nazionali e internazionali.

Ma l’anno 1989 è anche quello del fallito attentato a Giovanni Falcone e l’inizio di alcune missive inquietanti sempre ai danni del giudice palermitano. Già da un anno i Ros si stanno interessando di mafia- appalti, in seguito a una “soffiata” ricevuta dai carabinieri che indagano sull’omicidio di un allevatore in un comune delle Madonie. Le successive indagini svelano – come già descritto dettagliatamente nelle puntate precedenti de Il Dubbio ( edizioni del 3, 4, 8 e 9 maggio) - che Cosa nostra non ha più un atteggiamento parassitario ( imposizione del pizzo, di assunzioni, di forniture di materiali) ma, come spiega Giovanni Falcone, durante un convegno organizzato dall’Alto commissario antimafia, nella primavera del 1990, «indagini in corso inducono a ritenere l’esistenza di un’unica centrale mafiosa che condiziona a valle e a monte la gestione degli appalti pubblici». Ma ritorniamo al 1989. È il 21 giugno quando cinquantotto candelotti di dinamite vengono rinvenuti sulla scogliera ai piedi della villa all’Addaura: assieme a Falcone avrebbero potuto eliminare anche Carla Del Ponte, allora procuratrice a Lugano, e il collega giudice istruttore Claudio Lehmann, che indagavano sul sistema di riciclaggio internazionale di Cosa nostra. Poche settimane prima giunsero continue lettere diffamatorie nei confronti soprattutto di Falcone e inviate a vari rappresentanti delle istituzioni.

Verso la fine di maggio del 1989, Salvatore Contorno, noto collaboratore di giustizia, trasferitosi da tempo negli Usa dopo la celebrazione del primo maxiprocesso, veniva arrestato in Sicilia in una operazione finalizzata alla cattura del latitante Gaetano Grado in una villetta di S. Nicola l’Arena. Pochi giorni dopo venivano indirizzate a varie autorità una serie di missive anonime scritte a macchina, note come le lettere del “Corvo”, che contenevano gravissime accuse nei confronti di vari magistrati e appartenenti alla polizia, tra cui innanzitutto Falcone e Giovanni De Gennaro, poi diventato vicedirettore della Dia, accusati di avere ordito un diabolico piano per contrastare la fazione corleonese di Cosa nostra attraverso il ritorno in Sicilia di Salvatore Contorno per favorire la cattura o la eliminazione fisica dei capi corleonesi Salvatore Riina e Bernardo Provenzano e per guidare la vendetta delle cosche perdenti con una serie di omicidi. Si mette in diretta correlazione il rientro di Contorno con una serie di omicidi che effettivamente si erano registrati nel territorio di Bagheria, tra il marzo ed il maggio del 1989, ai danni di persone legate alle cosche mafiose vincenti dei corleonesi. Le accuse, ovviamente, si sono rivelate assolutamente calunniose anche nel contesto delle indagini svolte per individuare l’autore delle lettere e che le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia successivamente acquisite hanno concordemente attribuito la responsabilità degli omicidi indicati negli anonimi al gruppo corleonese escludendo la responsabilità di Salvatore Contorno. Verrà accusato ingiustamente il magistrato Alberto Di Pisa, all’epoca sostituto procuratore a Palermo, che ha subito un travagliato processo a seguito delle indagini avviate dall’Ufficio dell’Alto Commissario che lo avevano indicato come autore delle lettere e che, comunque, dopo essere stato condannato dal Tribunale di Caltanissetta, è stato poi definitivamente assolto dalla Corte di Appello di Caltanissetta. Dalla sentenza però emerge chiaramente come le calunniose accuse rivolte a Falcone provengano da un ambito istituzionale e come si pongano in strettissima correlazione logica e cronologica con l’attentato fallito dell’Addaura. Al riguardo, lo stesso generale Mario Mori ha riferito nel suo esame dibattimentale ( udienza del 7 febbraio 2000) che aveva concordato con Falcone nel ritenere che le lettere del “Corvo”, rappresentassero un “atto di delegittimazione di personaggi delle Istituzioni particolarmente esposti nella lotta alla criminalità organizzata” e che nella prassi mafiosa le manovre di isolamento e delegittimazione fossero spesso il primo passo per giungere, “all’annientamento” di chi si contrapponeva ai programmi della organizzazione mafiosa. Tutti questi elementi fanno pensare, a detta di chi scrive, che le lettere del “Corvo” siano state scritte nel consapevole intento di preparare il terreno per l’imminente tentativo di eliminazione fisica di Falcone. Piano poi purtroppo riuscito quel maledetto 23 maggio del 1992. Un altro anno particolare, altro spartiacque della storia del nostro Paese dove spuntò fuori l’ennesima lettera anonima.

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