«Una pena detentiva toglie la libertà a una persona, ma non dovrebbe anche togliere la loro salute e il loro diritto alla salute». A dirlo è Carina Ferreira- Borges, portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità ( Oms) per le regioni europee. Si riferisce al rapporto, pubblicato tre giorni fa, dell’Oms che presenta un’analisi dei dati raccolti sullo stato di salute delle persone detenute e sui sistemi sanitari delle carceri per 39 paesi – Italia compresa - della Regione.

Il Rapporto stima che 6 milioni di persone vengono incarcerate ogni anno nella regione europea. «Dopo il rilascio, i tassi di recidiva e di ritorno in prigione – evidenzia l’Oms Europa – sono elevati. Il rapporto sottolinea che questo ciclo tra carcere e comunità porta spesso a cure sanitarie sconnesse e inefficaci al di fuori del carcere. Durante i primi giorni del rilascio di una persona, aumenta il rischio di suicidio, autolesionismo e overdose di droga. Ciò significa – afferma l’Oms Europa – che la continuità delle cure durante questo passaggio è fondamentale. Le carenze nell’assistenza in questo periodo hanno implicazioni negative significative per la salute pubblica e possono limitare la capacità di un paese di affrontare le disparità». Il rapporto dell’Oms sottolinea che gran parte delle persone in carcere rientrano nella comunità ogni anno, quindi vedere la prigione come uno scenario per la salute pubblica apre un’opportunità per azioni di salute pubblica e per migliorare l’alfabetizzazione sanitaria per sostenere e proteggere le popolazioni vulnerabili.

«Le carceri e altri luoghi di detenzione – sostiene l’Oms Europa – hanno l’opportunità di offrire interventi e trattamenti preventivi e di riduzione del rischio a una popolazione che in precedenza ha avuto un accesso limitato alle cure sanitarie e a uno stile di vita sano».

Secondo il rapporto, le carceri devono essere viste come contesti in cui gli interventi sanitari possono affrontare le condizioni di salute esistenti e contribuire a stili di vita positivi e a cambiamenti comportamentali. Il tempo in prigione può anche essere usato per migliorare le capacità delle persone per aiutarle a trovare un lavoro dopo il rilascio e a reintegrarsi nella società. «La popolazione carcerari – sostiene Bente Mikkelsen, direttore della Divisione delle malattie non trasmissibili e della promozione della salute dell’ufficio regionale dell’Oms per l’Europa -, con il suo onere sproporzionato per le malattie, non può essere dimenticata nel perseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Per ottenere una copertura sanitaria universale e una migliore salute e benessere per tutti, come nella visione dell’Oms, è fondamentale che le carceri siano viste come una finestra di opportunità per cambiare gli stili di vita e garantire che nessuno rimanga indietro».