Oltre a sfatare il luogo comune sul fatto che gli immigrati sarebbero portatori delle malattie contagiose, mentre in realtà corrono maggiore rischio di sviluppare malattie della popolazione che li ospita, il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità giunto sul tavolo della ministra della Salute dà una bacchettata anche ai centri di detenzione amministrativa per i migranti, i quali producono effetti negativi sulla salute, compresa quella mentale.

In sostanza, l’organizzazione mondiale della sanità ribadisce le linee guida internazionali, le quali indicano che il ricorso ai centri di detenzione di migranti dovrebbe essere l’ultima spiaggia. Eppure, e malgrado esistano valide alternative, è ampiamente praticato in tutta Europa. Ci sono evidenze certe che la detenzione produce effetti negativi in termini di esposizione delle persone che la subiscono sia a malattie infettive che a problemi di salute mentale.

Parliamo del primo rapporto mai prodotto sulla salute dei rifugiati e dei migranti in Europa dove emerge, appunto, un dato su tutti: migranti e rifugiati corrono maggiore rischio di sviluppare malattie della popolazione che li ospita.

Il rapporto dell’Oms, redatto in collaborazione con l’Istituto italiano salute, migrazioni e povertà (Inmp), si basa sullo studio di oltre 13mila documenti e, se da un lato certifica i progressi compiuti dagli stati per promuovere la salute di rifugiati e migranti, dall’altro offre anche strumenti, evidenze e casi di studio utili a tradurre i risultati della ricerca in linee guida e politiche volte a migliorare la salute delle popolazioni rifugiate e immigrate. Le indicazioni si concentrano in particolare sulla salute delle madri, dei neonati, dei bambini, e degli anziani, sulla promozione della salute e sulla salute mentale.

Il primo dato che balza agli occhi è che, appunto, non c'è nessuna evidenza di trasmissione di malattie infettive dai migranti alla popolazione residente. Il secondo è che invece l’impatto con stili di vita del tutto differenti aumenta in chi arriva sia il rischio di malattie croniche cardiovascolari, di cancro e di obesità sia l’insorgere di ansia e depressione.

Da sottolineare, poi, il rischio minore corso da migranti e rifugiati di sviluppare qualunque forma di cancro, tranne quello alla cervice; tuttavia, in caso di tumore, la diagnosi viene fatta ad uno stato già avanzato, che porta a peggiori conseguenze sulla salute rispetto alla popolazione residente. Infine, i tassi di depressione e ansia di migranti e rifugiati sono superiori. È quindi «necessario che migranti e rifugiati ricevano cure e assistenza sanitaria di qualità, come chiunque altro, per salvare vite e tagliare i costi dei trattamenti, ma anche per proteggere la salute dei cittadini», aveva commentato il direttore regionale dell’Oms per l’Europa Zsuzsanna Jakab.

Quindi cosa fare? Il rapporto parla chiaro.

Si chiede agli stati Oms della regione europea di lavorare di più per offrire assistenza sanitaria a tutti, indipendentemente dallo status giuridico, per eliminare barriere culturali e linguistiche tra pazienti e professionisti sanitari, cui deve essere assicurata un’adeguata formazione per poter diagnosticare e gestire nel migliore dei modi le più comuni malattie infettive e non trasmissibili. E, non per ultimo, utilizzare i centri di detenzione amministrativa il meno possibile, proprio per evitare l’insorgere delle malattie.