«In questo processo si sta consumando un errore giudiziario, per questo signori giudici vi chiedo di badare con scrupolo ai dettagli». E' iniziata così ieri l'arringa difensiva dell'avvocato Renato Borzone che con Roberto Capra assiste Finnegan Lee Elder, condannato in primo grado, insieme a Natale Hjorth, per la morte del vice brigadiere Cerciello Rega. La difesa dei due americani sta giocando in aula una partita difficilissima: sugli imputati pesa già una condanna all'ergastolo, molti media hanno abbandonato il racconto del processo, l'opinione pubblica ha già deciso, la sentenza di primo grado, ha detto Borzone, «ha ignorato molte elementi a favore degli imputati».

Gli avvocati stanno dunque tentando di ricostruire dinanzi ai Giudici della Corte di Assise di Appello di Roma la versione dei due ragazzi, rimasta immutata fin dai primi istanti dopo i fatti. «I Paesi anglosassoni - ha proseguito il legale - hanno elaborato un principio recepito dalla nostra giurisprudenza: il Bard (Beyond any reasonable doubt - Oltre ogni ragionevole dubbio). È chiaro che Finn abbia accoltellato Rega ma vi chiedo di applicare tale principio alla ricostruzione dei fatti. Una recente decisione della Cassazione ha annullato una sentenza di condanna perché essa non si può basare sulla verosimiglianza, né basta la forte plausibilità. E allora io vi dico che è mera plausibilità che i carabinieri Varriale e Rega abbiano mostrato i loro tesserini ai due ragazzi e si siano identificati. Perché avrebbero dovuto uccidere i due carabinieri? Bastava scappare».

E poi una stilettata al testimone Varriale: «Fin da subito ha sostenuto che fosse armato ma poi ha dovuto ritrattare quando alcuni suoi colleghi perbene dell'Arma hanno detto che non l'aveva con sé. Le maggiori smentite a Varriale arrivano proprio dai suoi colleghi leali e onesti. Poi in indagine parla, e scrive nella relazione di servizio, di tentativo di bloccaggio ma in dibattimento cambia completamente versione e sostiene che i ragazzi li hanno attaccati improvvisamente, senza tentativi di bloccaggio. Versioni opposte quando capisce che deve prendere le distanze da quella operazione di polizia dissennata: disarmati, fuori zona, senza l’accordo con la centrale operativa, con la promessa, fatta 5 volte a Brugiatelli, che avrebbero recuperato il suo zainetto e se ne sarebbero andati tutti a casa, senza nessun arresto. E allora siamo sicuri che Varriale non abbia mentito anche sul tesserino e sulla qualificazione?».

Secondo il legale Finn non poteva sapere che Rega era un carabiniere, non aveva l’uniforme né la pistola e non ha mostrato il tesserino. Il ragazzo ha avuto una reazione istintiva, purtroppo tragica, alla manovra di bloccaggio di Rega che lo aveva steso a terra, stringendogli il collo. La perizia dimostra che questa è l’unica posizione compatibile con le ferite sul corpo del vicebrigadiere. «Per questo - dice Borzone - devono cadere le aggravanti che permettono di usufruire della diminuente per il giudizio abbreviato». Borzone ha poi ricordato come «le diverse parti civili nel processo non danno la stessa ricostruzione dei fatti, e divergono anche da quella del Procuratore generale».

E dopo giù con l'elencazione dei “principi della propaganda” usati nel processo: «si è cercato di distruggere moralmente Finn, facendo passare lui per disumano e le sue difese per scorrette. Si è voluto creare il nemico unico ma Fin è sì un ragazzo che nella vita ha commesso degli errori ma dall'età di 12 anni ha tentato tre volte il suicidio. Si è cercato di far passare il messaggio per cui noi avremmo attaccato tutta l'Arma. Falso. Si è detto che noi avremmo insinuato che i due carabinieri volevano derubare o uccidere i due americani. Falso».

Ma ancora più grave è che «siano state fornite informazioni frammentarie, in particolare sulle intercettazioni. Il confronto che la sentenza di primo grado svolge con le intercettazioni ambientali, di cui esamina pochissimi passaggi, travisandoli, è a dir poco sorprendente. Innanzitutto - ricorda Borzone la difesa viene a conoscenza dell’esistenza delle registrazioni delle intercettazioni ambientali in carcere dalla stampa, il giorno prima di ricevere la notifica del decreto di giudizio immediato. Si verifica poi un fatto inquietante. Tutti i passaggi più importanti delle conversazioni ambientali sono completamente stravolti, con una traduzione completamente erronea delle parole degli interlocutori, che ne modifica radicalmente il significato. La parola “bank” ( ovviamente “banca”) viene capita come “tank”, “macchina militare” e a Finn viene messo in bocca “E la macchina militare era qui”, sostenendosi nella informativa che i ragazzi avessero visto la Fiat Punto dei carabinieri. All’avvocato Peters vengono associate parole del tutto inventate: “Rimani calmo, attieniti alla tua dichiarazione, ripassala punto per punto, ricordatela. Non ci deve preoccupare la tua dichiarazione… durante l’interrogatorio ( che aveva già fatto!) questo non lo puoi dire, è successo e basta, tu non hai visto niente”. Tali parole sono inesistenti nella traduzione fatta disporre dalla Corte. Le parole dello stesso Peters, riferite ai legali di Elder, “forse presenteranno un’istanza” (“motion”) vengono stravolte, trasformate in “emotion”, attribuendo all’amico della famiglia Elder la necessità di puntare tutto sul conquistare “la simpatia della Corte” in modo da poter incidere sulle “emozioni”, asseritamente “unico strumento di difesa”.

L’informativa 26 agosto 2019 segnala come queste parole rappresentino “granitico riscontro” alla responsabilità dell’imputato. Ma divengono materiale irrilevante e neppure prese in considerazione dalla sentenza impugnata, ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’imputato. Le risultanze, determinanti nella informativa, scompaiono, ma scompaiono in sentenza anche tutti gli elementi a discarico risultanti dalla corretta traduzione. E poi quelle in cui Elder diceva che non sapeva fossero poliziotti sono state omesse. Le intercettazioni contano solo se a carico degli accusati?».