Prosegue il processo di appello per la morte del vicebrigadiere Cerciello Rega. Oggi hanno parlato i legali di Finnegan Lee Elder, gli avvocati Renato Borzone e Roberto Capra. Per quest'ultimo, «la sentenza di primo grado fa una scelta chiarissima: per sostenere la tesi accusatoria deve necessariamente difendere l'attendibilità di Varriale (il carabiniere unico testimone oculare dei fatti, ndr)» e per questo «è fortemente criticabile perché deve motivare in modo assolutamente insufficiente» diversi accadimenti di quella notte. Ma soprattutto, rileva Capra, la sentenza «utilizza le prove in modo parziale e questo è l'aspetto peggiore. Non si può piegare l'elemento probatorio prendendo solo la parte che ci fa gioco per sostenere una determinata tesi». Qualche esempio? Il primo: «La sentenza sorvola ed è costretta a farlo su quella che probabilmente è la prova principale di questo processo: l'immagine tratta dalla telecamera dell'Unicredit, quella che smentisce il racconto del carabiniere Varriale». Questo elemento è fondamentale per determinare la dinamica dell'incontro e la successiva colluttazione tra i due americani e i carabinieri. Il secondo concerne le intercettazioni ambientali: «Nella sentenza - prosegue Capra - le si utilizzano solo per sostenere alcune tesi e non si fa alcun riferimento a quelle effettuate in carcere tra Elder, i suoi familiari e l'avvocato Peters, nelle quali il ragazzo dice dieci o quindici volte “non si sono identificati, non hanno mostrato i tesserini, non sapevo che fossero poliziotti”». Ed infatti Capra chiede ai giudici di concentrarsi su un punto: «Che cosa ha compreso Elder nell'incontro con i due carabinieri. Questo è il cuore del processo», ossia stabilire se Fin e Natale abbiano compreso che quei due militari in borghese, coi bermuda e senza pistola, erano dei carabinieri. Il terzo: «Nella sentenza di primo grado leggiamo addirittura che "le difese hanno contestato una serie di risultanze, modificando anche la strategia processuale in virtù delle risultanze che via via emergevano". Mai fatta una cosa del genere signori giudici», perché, spiega ancora Capra, «quattordici minuti dopo i fatti, parlando su Facetime con la fidanzata Cristina, e sette ore dopo l'arresto, Finnegan ha dato sempre la stessa versione, ossia di essersi sentito attaccato da due delinquenti. Ma la sentenza di primo grado ha dimenticato di includere la testimonianza di Cristina». La seconda parte dell'intervento di Capra si è concentrata su alcune anomalie riguardanti alcuni esponenti dell'Arma dei carabinieri. La prima riguarda un verbale di sit (sommarie informazioni testimoniali) tenuto nascosto: «Lo dico ai giudici popolari: quando il pm fa una indagine tutti gli atti devono finire nel fascicolo messo poi a disposizione della difesa. Ebbene, gli investigatori vedono che tra l'informatore - spacciatore (uno dei protagonisti di quella notte) e un militare dell'Arma di Trastevere (dove tutto è iniziato, ndr) ci sono oltre 2000 contatti telefonici, fino a poche ore prima dei fatti. Allora chiamano il carabiniere e gli chiedono una serie di cose rispetto a quel rapporto con un “soggetto di elevato interesse investigativo per il reato di omicidio”. Questo importante verbale non viene trasmesso al pm. Quando solleviamo la questione dinanzi la Corte ci saremmo aspettati che questa sobbalzasse», perché era stato violato il codice, «invece la Corte liquida il problema dicendo "è vero che l'annotazione non viene allegata alle informative, ma il rapporto dei due è stato considerato irrilevante". Tutto questo è sbagliato, perché era un verbale di sit, ma c'è stato completo disinteresse sotto questo profilo». Un'altra anomalia riguarda «quello che è stato definito il superteste, Saracila, ora indagato per falsa testimonianza e pluripregiudicato. Per tutta la fase delle indagini e nelle informative, oltre che nelle mirate fughe di notizie sulla stampa, Saracila viene beatificato come teste oculare decisivo circa un colloquio di alcuni secondi tra i ragazzi e i carabinieri. Eppure fin da subito un carabiniere disse che lì non c'era». Infine, «tra le varie questioni poco chiare di questa vicenda ci sono le relazioni del comandante Ottaviani, finito sotto processo per questa vicenda. Il Comandante Ottaviani è colui che ha redatto la relazione di servizio certamente falsa ed avente ad oggetto la circostanza dell’aver prelevato la pistola di Varriale presso l’Ospedale Santo Spirito», circostanza poi smentita perché Varriale e Cerciello non avevano l'arma. Sulla colluttazione si legge in una nota dei legali a fine udienza: «Finnegan Elder non poteva sapere che era un carabiniere, non aveva l’uniforme, la pistola e non ha mostrato il tesserino. Il ragazzo ha avuto una reazione istintiva, purtroppo tragica, alla manovra di bloccaggio di Mario Cerciello Rega che lo aveva steso a terra, stringendogli il collo. La perizia dimostra che questa è l’unica posizione compatibile con le ferite sul corpo del vicebrigadiere. Le ferite sono sulle parti laterali del tronco, nessuna alle spalle né frontale. Quindi nessuna aggressione a freddo come vorrebbe l’accusa. Finnegan ha reagito pensando di essere in pericolo di vita».