Sfidando il Covid, le esigenze di contenimento della spesa pubblica e, soprattutto, il buonsenso, il plenum del Csm ha deciso ieri pomeriggio che bisognerà indire nuove elezioni per sostituire il togato di Unicost Marco Mancinetti, dimessosi due mesi orsono dopo che il pg della Cassazione Giovanni Salvi gli aveva notificato l’avvio di un’azione disciplinare per il contenuto delle chat scambiate con il collega di corrente ed ex presidente dell’Anm Luca Palamara. Dopo quella per il rinnovo della componente togata del Csm a luglio 2018, la prossima sarà dunque la terza tornata di elezioni “suppletive”. Un record senza precedenti negli oltre cinquant’anni di vita dell’organo di autogoverno della magistratura e che, sicuramente, rimarrà imbattuto a lungo.

Il nuovo voto, comunque, a causa dell’emergenza sanitaria difficilmente si potrà tenere prima della scadenza quadriennale della consiliatura, prevista, appunto, fra poco più di un anno e mezzo. La perdurante pandemia, infatti, mette in forte dubbio la ripresa delle normali attività anche per il prossimo anno.

Nulla da fare, quindi, per Pasquale Grasso, giudice al Tribunale di Genova ed ex presidente dell’Anm per pochi mesi nella primavera del 2019 prima di essere sfiduciato all’indomani dello scoppio dell’affaire Palamara. Fra i motivi della sfiducia, l’aver avuto, a detta dei rappresentanti degli altri gruppi, un atteggiamento “morbido” nei confronti dei togati del Csm, poi costretti alle dimissioni, che avevano partecipato all’ormai celebre incontro all’hotel Champagne di Roma con i parlamentari Cosimo Ferri e Luca Lotti.

Grasso, toga a lungo iscritta a Magistratura indipendente e tuttora vicina al gruppo moderato, era risultato il primo dei non eletti alle ultime elezioni suppletive, quelle per la categoria del merito, vinte lo scorso dicembre da Elisabetta Chinaglia (Area) per sostituire Paolo Criscuoli, un altro dei partecipanti al famigerato incontro. Fra l’interpretazione “estensiva” e quella ' letterale' della norma sui subentri ha prevalso, quindi, quest’ultima. Secondo la tesi del laico pentastellato Alberto Maria Benedetti, passata con 18 voti fra cui quelli dei capi di Corte e del vicepresidente David Ermini, «lo scorrimento, che è il primo criterio, implica che il subentrante e l’uscente facciano parte dello stesso collegio, ma non è così in questo caso perché nessuno seguiva Mancinetti nel collegio primario». Di diverso avviso la togata Paola Maria Braggion ( Mi), la cui proposta ha avuto 5 voti. Il plenum, in assenza di “non eletti” all’iniziale tornata del 2018 ha deciso che non è possibile “attingere” da altre graduatorie elettorali.

A parte, adesso, la difficoltà di chiamare al voto in presenza circa diecimila magistrati, il problema principale, in caso si riuscisse a fissare una data per le elezioni nei prossimi mesi, sarà quello di “trovare” dei candidati. Quale magistrato, infatti, sarebbe disposto ad affrontare una campagna elettorale per rimanere in carica meno di anno? La legge istitutiva del Csm vieta la ricandidatura dei consiglieri uscenti. E dal momento che la riforma del Consiglio superiore ha visto solo ieri l’avvio delle audizioni alla Camera, le prossime elezioni si terranno, quasi sicuramente, con l’attuale sistema di voto: collegio unico e metodo proporzionale puro. Meglio attendere, sarà il ragionamento di tanti, il 2022 per candidarsi a un mandato di un intero quadriennio e non di poche settimane.

Oltre ai togati di “Mi”, a favore del subentro della toga genovese hanno votato i togati Filippo Donati (M5s) e Alessio Lanzi (FI). Hanno scelto di astenersi i laici della Lega Stefano Cavanna e Emanuele Basile. Lanzi, nel suo intervento, ha sottolineato l’importanza del principio democratico, del pluralismo e, soprattutto, del «rispetto del voto degli elettori: molte delibere avvengono al Csm con un solo voto di scarto», ha ricordato, evidenziando la necessità di ricomporre quanto prima il plenum senza aspettare le nuove elezioni. Per poi aggiungere che non c’è «nulla di più irragionevole che votare per la terza volta». Di diverso avviso, come detto, la maggioranza del Csm.

La bocciatura di Grasso non potrà non avere ripercussioni alla prossima riunione dell’Anm, prevista questo fine settimana, in cui si dovrà eleggere il presidente. Dopo lo “sgambetto” di ieri, difficile che “Mi” accetterà di far parte di una giunta unitaria con coloro che hanno votato compatti contro Grasso.