Niente inerzia, niente scorciatoie sommarie, magari col sacrificio di qualche singolo. David Ermini, nell’intervento pronunciato all’inaugurazione dell’anno giudiziario, si conferma come un vicepresidente del Csm autonomo e realista. Arriva a chiedere alla magistratura una «rifondazione morale». Appello in cui riecheggia il discorso severissimo rivolto al plenum, nel giugno 2019, dal Capo dello Stato, da quel Sergio Mattarella che è il più alto vertice anche dell’organo di autogoverno. Al presidente della Repubblica, non a caso, Ermini si rivolge più volte nel suo intervento, innanzitutto per esprimergli «profonda riconoscenza».

«Il doveroso accertamento delle responsabilità di singoli magistrati non deve trasformarsi in un modo per liquidare fatti dolorosi e inquietanti all’interno di una spiacevole parentesi da archiviare e dimenticare in fretta», è il passaggio in cui il vicepresidente del Csm pare in sintonia con i tanti che intravedono in Luca Palamara un facile capro espiatorio. E infatti, a pochi mesi di distanza dalla condanna all’espulsione pronunciata a Palazzo dei Marescialli nei confronti dell’ex presidente Anm, Ermini ricorda come «risulterebbe vana ogni decisione della sezione disciplinare o della prima commissione per le incompatibilità se ad essa non si affiancasse un profondo cambiamento di mentalità, una vera e propria rifondazione morale», appunto, «che coinvolga tutta la magistratura».

Il che non vuol dire che si debba disconoscere il tentativo, compito in questi mesi, di scuotersi dalla normalizzazione spartitoria. «Nell’anno appena trascorso il Consiglio superiore, dopo aver rischiato di essere travolto dalle dolorosissime vicende venute alla luce l’anno precedente, che avevano reso evidente una degenerazione correntizia non più sostenibile, era chiamato a dimostrare di saper continuare ad assolvere la funzione di governo autonomo della magistratura attribuitagli dalla Costituzione: ciò non solo attraverso la serietà e puntualità nell’accertamento delle responsabilità disciplinari, ma anche attraverso le modalità di assunzione delle deliberazioni». E grazie al sostegno di Mattarella, tiene a dire Ermini, si può «affermare che il Consiglio ha dato questa dimostrazione». Evidentemente con qualche rischio di resistenza, se il vicepresidente sente il bisogno di raccomandare, per esempio, attenzione nelle «assegnazioni di funzioni che richiedono peculiari requisiti di idoneità: penso, ad esempio, all’incarico di membro del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura». Scelte che devono essere precedute, ricorda, «dalla sola, scrupolosa valutazione delle competenze tecniche, senza cedere alla tentazione di accordi preventivi volti alla ripartizione dei posti».

Oltre a un passaggio sulla riforma all’esame della Camera, per la quale si chiede di audire anche lo stesso Csm, ce n’è un altro forse più significativo di tutti: serve una «autoriforma», secondo Ermini, innanzitutto nei «procedimenti di valutazione di professionalità dei magistrati, che dovranno prevedere controlli sulla qualità e sulla tenuta dei provvedimenti, in modo da consentire quella necessaria differenziazione dei giudizi, oggi spesso indebitamente uniformati in incolori e ripetitive espressioni di generica positività, che costituisce il presupposto indispensabile dell’affermazione del merito». Forse la svolta davvero necessaria, non a caso accolta poco dopo, in una nota dell’Unione Camere penali, con un plauso liberatorio.