Piercamillo Davigo ha deciso di giocare d'anticipo. Senza attendere la risposta di Matteo Renzi in tema di pensionamenti, reclutamento di nuovo personale ed impegno di risorse, ha mosso ieri il suo fedelissimo al Consiglio superiore della magistratura.Il togato Aldo Morgigni ha, infatti, chiesto al Consiglio di presidenza del Csm di aprire una pratica finalizzata a sollevare davanti alla Corte costituzionale un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in merito alla proroga del pensionamento dei vertici della Cassazione prevista dal decreto legge del 31 agosto scorso.Sul punto il governo si era impegnato a trovare una soluzione. Al termine dell'incontro fra una rappresentanza dell'Anm ed il Premier, avvenuto il 24 ottobre scorso, l'accordo pareva raggiunto. Evidentemente, attendere il 18 novembre, data in cui era programmata la Giunta esecutiva centrale «per verificare gli impegni politici assunti» deve essere parso troppo tardi, visto che la legge in questione entra in vigore il prossimo primo gennaio. La norma oggetto della richiesta di Morgigni, com'è noto, è quella che sposta al 31 dicembre del 2017 il pensionamento degli alti magistrati della Corte di Cassazione che non abbiano compiuto il settentaduesimo anno di età alla data del 31 dicembre 2016.Si tratta, per Morgigni, «di un ristretto numero di colleghi, tutti nominativamente individuabili, che svolgono presso la Corte di Cassazione le funzioni di primo presidente, procuratore generale, primo presidente aggiunto, procuratore generale aggiunto, presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, presidente di sezione, avvocato generale. I primi due, inoltre - sottolinea Morgigni nella sua richiesta - sono componenti di diritto del Csm». Questa legge, secondo il consigliere di Autonomia&Indipendenza, «presenta numerosi profili di illegittimità costituzionale poiché opera una divisione tra i magistrati di merito e di legittimità e, tra questi, tra quanti svolgono funzioni requirenti e giudicanti e quanti svolgono funzioni apicali, direttive superiori o direttive di legittimità, in violazione dell'articolo 107 della Costituzione che prevede che i magistrati si distinguono tra loro soltanto per funzioni e non per il loro stato giuridico o economico».Secondo Morgigni, «la mancata proroga di tutti i magistrati in servizio, per il periodo di un anno previsto dalla legge, contraddice le esigenze di funzionalità poste alla base dello stesso decreto legge» e «non soltanto si pone in contrasto con le esigenze di buon andamento dell'amministrazione della giustizia previste dall'articolo 97 della Costituzione, ma risulta contrastante con lo scopo, al quale dovrebbe informarsi la norma censurata, ossia consentire la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione per l'efficienza degli uffici giudiziari».Per il togato, la Corte costituzionale dovrebbe riconoscere «il difetto di attribuzione del legislatore a inibire al Csm la nomina dei componenti di diritto indicati dall'articolo 104 della Costituzione, mediante la proroga ex lege del trattenimento in servizio esclusivamente di un ristretto numero di magistrati».La pratica verrà discussa al primo Plenum in calendario. Morgigni si è offerto come relatore. Ambienti di A&I fanno notare che, «a parte l'iniziativa di Morgini, anche il gruppo aveva chiesto all'Anm di sollecitare in tal senso il Csm. Visto che il decreto in questione, trattenendo in servizio i 2 membri di diritto ne determina una lesione delle sue attribuzioni». E comunque, «se ci fosse un emendamento approvato tempestivamente, che porta a 72 anni l'età della pensione per tutti, è chiaro che il conflitto di attribuzioni non avrebbe più ragione di essere sollevato». L'iniziativa, dunque, è più un modo per sollecitare un intervento politico. Anche perché, «A&I valuterà con il presidente Davigo la possibilità di presentare ricorsi come Anm e non semplicemente ad adiuvandum dei colleghi penalizzati dal decreto».