Milano affronta una doppia emergenza: da un lato il sovraffollamento negli istituti penitenziari, dall’altro la vacanza del Garante dei diritti delle persone private della libertà, figura cruciale per dare voce a detenuti e operatori in un contesto già segnato da gravi tensioni.

Dal 6 agosto, infatti, il ruolo di Garante comunale è rimasto vacante, dopo la fine del mandato di Francesco Maisto. L’ex magistrato racconta all’Agi di avere saputo della sua decadenza soltanto con una telefonata da un funzionario del Comune, senza alcuna comunicazione ufficiale. «Non sono attaccato alla sedia, sapevo che la mia esperienza era finita – spiega – ma avrebbero potuto prorogare la posizione fino alla nomina del successore, come si fa in questi casi. È grave che il posto sia vacante perché ci sono tante richieste inevase. Avvocati, operatori della giustizia, volontari continuano a chiamarmi, ma io non posso più fare nulla per loro».

Preoccupazione condivisa anche da Eliana Zecca, vicepresidente della Camera Penale di Milano con delega al carcere: «Come Camera Penale siamo molto preoccupati e sollecitiamo la scelta di un garante il prima possibile per l’importanza che ha la figura . Ci sono situazioni molto delicate da gestire, penso soprattutto al Beccaria e a San Vittore. Col sovraffollamento delle carceri e ad agosto, che è un mese particolarmente critico, non possiamo permetterci che manchi questo punto di riferimento». Sul sito del Comune di Milano, si legge che è «in fase di perfezionamento la procedura per nominare il nuovo Garante» e che, nel frattempo, ci si può rivolgere al Garante regionale.

E le cifre sono impressionanti. A San Vittore, nel cuore della città, ci sono 1.084 detenuti a fronte di 748 posti: un tasso di affollamento del 145%, che in alcuni momenti ha toccato 220%. Peggio ancora a Opera, la più grande casa circondariale d’Italia, con 1.308 detenuti per 918 posti ( sovraffollamento del 142%). Più contenuta, ma comunque oltre la soglia, la situazione a Bollate, dove i 1.385 reclusi superano del 9% la capienza prevista ( 1.267).

Nel complesso, le tre principali strutture milanesi accolgono 3.777 persone a fronte di una disponibilità di 2.933 posti, con un tasso medio di affollamento del 129%, ben superiore alla media nazionale, che già sfiora il 134%.

Non va meglio al Beccaria, l’istituto penale minorile: 69 ragazzi sono reclusi in spazi progettati per 48, con un sovraffollamento del 144%. Un dato che assume un peso particolare perché parliamo di adolescenti e giovanissimi, molti con storie segnate da marginalità e violenza, per i quali il carcere dovrebbe rappresentare un luogo di rieducazione, non di ulteriore trauma.

Proprio il Beccaria è diventato negli ultimi anni il simbolo delle contraddizioni del sistema penitenziario. Qui l’inchiesta avviata grazie alle segnalazioni trasmesse proprio dal garante milanese Maisto alla Procura ha portato all’arresto di 13 agenti accusati di violenze e maltrattamenti. «Non era solo la voce dei ragazzi a denunciare – ricorda l’ex Garante – ma anche educatori e operatori. Era emersa una situazione gravissima».

Oggi, dopo l’intervento del Dipartimento della giustizia minorile, il quadro sembra migliorato sul fronte dei maltrattamenti. Restano però problemi strutturali: sovraffollamento, carenze di personale e continui trasferimenti di minori in istituti lontani centinaia di chilometri dalle famiglie, con gravi conseguenze sui legami affettivi e sul percorso educativo.

Maisto, qualche settimana fa, aveva fatto sentire la sua voce sulla vicenda: «Dalle indagini è emerso molto di più, una catena di comando che non ha funzionato e responsabilità non assunte. Mi ha colpito che il Comune, che ha investito tanto sul Beccaria, non si sia costituito parte civile: un passo doveroso, non solo per le vittime ma per la credibilità dell’istituzione».

Intanto Milano resta senza Garante. Un’assenza che pesa proprio mentre i suoi istituti sono al collasso, con celle sovraffollate, carenze sanitarie, casi di disagio psichico sempre più frequenti e un numero crescente di suicidi e atti di autolesionismo. Senza un presidio istituzionale in grado di raccogliere e indirizzare le istanze, la voce dei detenuti rischia di restare soffocata dalle mura che li circondano.