Entrano nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) con gravi problemi psichici ed escono perdendo le tracce, senza essere seguiti attraverso un percorso terapeutico. Una dinamica, come recentemente riportato su Il Dubbio, denunciata dal garante nazionale delle persone private della libertà a seguito della visita del Cpr di Torino. Ma questa modalità dannosa per la società e il migrante stesso è praticata anche al Cpr di Milano. Lo si legge nel report dal titolo “Delle pene senza delitti. Istantanea del Cpr di Milano” stilato dopo l’ispezione effettuata dal senatore Gregorio De Falco e dalla senatrice Simona Nocerino insieme agli attivisti della rete “Mai più lager - No ai Cpr”.Vien riportato il caso emblematico di L.A., un migrante trattenuto presso il Cpr milanese. Caso di gravissima fragilità psichica (disturbo della personalità, grave agitazione psicomotoria, ripetuto autolesionismo con numerose ferite da taglio e plurima frattura d'arti, tentativi di suicidio tramite ingestione di stoffa, lamette e oggetti metallici, autosuturazione delle labbra), la delegazione composta dai due senatori insisteva particolarmente per l'approfondimento della sua posizione fin dal primo giorno di accesso, ma in infermeria non si recuperava nessuna informazione, non riuscendo gli infermieri di turno (assunti pochi giorni prima) a reperire il relativo incartamento. Il 6 giugno hanno insistito per avere notizie dall'operatore messo a disposizione del gestore, alla presenza dell'incaricato della Prefettura, e hanno appreso che L.A. era stato in realtà già rilasciato il 2 giugno (evento del quale l'avvocato dell'interessato non era stato notiziato, nonostante un procedimento cautelare in corso con udienza a breve), come pure hanno appreso che egli era stato sottoposto a un Tso in data 26 maggio. Si legge nel report che dalla struttura di ricovero era quindi rientrato solo il 2 giugno, per essere dimesso dal Centro in pari data con attestazione di non compatibilità della sua situazione con la condizione di trattenimento, in quanto pericoloso per sé e per gli altri, e raccomandazione di trasferimento in struttura psichiatrica a firma di F.I., direttrice sanitaria del centro: la scheda firmata per ricevuta del ritiro degli effetti personali terminava con la sola indicazione "Altro" alla voce relativa all'esito del trattenimento, come alternativa al rimpatrio, sicché non è stata lasciata traccia alcuna della sorte di L.A. dopo il suo rilascio nelle citate gravissime condizioni. Non essendo questi in possesso di un telefono cellulare, anche il suo avvocato ha totalmente perso ogni contatto con lui e non se n'è più avuta notizia. Il report evidenza innanzitutto una lacuna grave: l’assenza di un protocollo d'intesa tra Prefettura e Asl con il quale, ai sensi dell'art. 3 del Regolamento CIE 2014 e del relativo allegato "1-d", siano affidate a strutture sanitarie pubbliche, tra l'altro: una valutazione imparziale ed obiettiva dell'idoneità del soggetto alla vita in comunità ristretta e l'assenza di condizioni di incompatibilità con il trattenimento, sia all'avvio sia nel corso di quest'ultimo; l'erogazione di prestazioni specialistiche con tempi d'attesa adeguati; attività di vigilanza sulle attività sanitarie e sulla conservazione, manipolazione e somministrazione dei pasti.Richiesto se tale protocollo fosse esistente, è seguita l'ammissione, da parte del funzionario, della circostanza che ad oggi non esiste tale protocollo, in ragione di un asserito rifiuto dell'Agenzia di tutela della salute (Ats). Il report stilato dai senatori Di Falco e Nocerino sottolinea, in sostanza, che la mancanza di un protocollo tra Prefettura e Asl impedisce ai trattenuti di poter accedere a cure e visite specialistiche presso il servizio sanitario pubblico nazionale in tempi ragionevoli. E ciò va contro la raccomandazione del Garante nazionale stesso riportata a pagina 234 della sua relazione al Parlamento, ovvero quella di «Rispettare la centralità del Servizio sanitario nazionale (Ssn) nell’accertamento dell’idoneità dei cittadini stranieri alla vita in comunità ristretta, e attivare i previsti accordi di collaborazione tra le Aziende sanitarie locali e le Prefetture volti ad assicurare il tempestivo accesso alle cure delle persone trattenute», a fronte della quale il riscontro ministeriale sarebbe stato che «La Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo assicura che verrà evidenziata alle Prefetture la necessità di stipulare a tal fine appositi Protocolli d’intesa con le Aziende sanitarie di riferimento, qualora non ancora stipulati».