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La situazione nell'area di Sfax, al sud della Tunisia, sta sollevando preoccupazioni riguardo al rispetto dei diritti umani. Video diffusi sui social e segnalazioni giornalistiche indicano un'escalation di violenze xenofobe proprio in quella città, mettendo in evidenza anche il rischio di abbandono dei migranti nelle regioni desertiche. Questo fenomeno assume un'importanza particolare in quanto l'Italia ha accordi per i rimpatri forzati con la Tunisia. Il Garante nazionale delle persone private della libertà ha espresso la sua preoccupazione su un possibile trasferimento forzato di migranti verso Paesi di transito, anche se non vincolati all'adesione alla Convenzione di Ginevra. Il timore riguarda soprattutto i cittadini subsahariani che potrebbero essere soggetti a vessazioni e torture in Tunisia. Tuttavia, il GarantenNazionale è fiducioso nel trovare soluzioni in linea con l'ordinamento costituzionale italiano, evitando la tentazione di esternalizzare le responsabilità di controllo e tutela.
Come riferisce l’organizzazione dei diritti umani Human Rights Watch, più di 500 migranti subsahariani sono stati arrestati a Sfax e portati al confine libico o algerino, dopo che la gendarmeria aveva effettuato raid nei quartieri popolati da persone provenienti da diversi Paesi africani. A dare man forte alla polizia tunisina alcuni gruppi di giovani armati di bastoni e pietre che hanno minacciato gli immigrati africani nei quartieri di Sfax, dove in qualche modo hanno trovato una sistemazione. Secondo alcune organizzazioni umanitarie, è in atto una vera e propria campagna di propaganda sui social network, orchestrata da membri del Partito Nazionalista Tunisino, con dichiarazioni xenofobe e cospiratorie.
La Tunisia rappresenta un importante Paese di transito per la rotta migratoria del Mediterraneo Centrale proveniente dall'Africa subsahariana. Inoltre, il numero di cittadini tunisini che cercano di fuggire dalla recente crisi economica è aumentato considerevolmente. Secondo i dati delle Nazioni Unite aggiornati ad aprile 2023, il 57% dei migranti e dei rifugiati che si imbarcano per l'Italia via Mediterraneo, pari a circa 24.000 persone, proviene dalla Tunisia.
L'Italia, sostenuta da Parigi e Bruxelles, si impegna attivamente nella gestione di questa situazione, focalizzando la strategia sul finanziamento per prevenire il collasso economico e sociale del Paese e sulla politica di esternalizzazione delle frontiere tramite finanziamenti e accordi di rimpatrio rapidi. Su questa scia, l’ultimo “Memorandum d’intesa” in materia di cooperazione allo sviluppo, firmato nel 2021 sotto l’ex ministra Lamorgese, prevedeva un sostegno finanziario di 200 milioni di euro al governo tunisino entro il 2023. Parliamo di accordi che sollevano preoccupazioni in merito al bilanciamento tra la gestione dei flussi migratori e la tutela dei diritti umani.
Da tempo in Tunisia è in aumento la repressione contro gli oppositori politici, la società civile e le minoranze. Questi sviluppi preoccupanti, uniti al crescente razzismo e discriminazione contro le persone nere, hanno creato una situazione estremamente pericolosa, soprattutto per coloro che provengono dall'Africa subsahariana. Nonostante ciò, l'Italia ha intensificato gli sforzi per rimpatriare i cittadini tunisini, ignorando le gravi violazioni dei diritti umani nel paese. Le organizzazioni tunisine e internazionali per la tutela dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per l'indebolimento dell'indipendenza della magistratura, gli arresti di critici e oppositori politici, i processi militari contro i civili e la continua repressione della libertà di espressione.
Inoltre, il razzismo contro le persone nere, già presente in Tunisia, si è intensificato a seguito di discorsi discriminatori pronunciati dal presidente Kais Saied. Le persone africane nere sono state vittime di violenza istituzionale, arresti arbitrari e sparizioni forzate. La situazione è così grave che alcune persone sono state costrette a organizzare proteste per chiedere l'evacuazione immediata dalla Tunisia per salvaguardare la propria vita.
La Tunisia sta affrontando una grave crisi socio- economica, con alti tassi di disoccupazione e inflazione, oltre alla mancanza di beni di prima necessità e restrizioni sull'uso dell'acqua a causa della siccità. Questo contesto rende il paese ancora più instabile e insicuro per i suoi cittadini, oltre che per le persone migranti. Nonostante la situazione grave e pericolosa in Tunisia, l'Italia ha aumentato il numero di rimpatri verso il paese, incluso quello dei cittadini tunisini che non hanno accesso alla protezione internazionale. Questi rimpatri violano i principi fondamentali dei diritti umani e il diritto internazionale.
La Tunisia non dispone di un sistema nazionale di asilo e le persone soccorse in mare, sia tunisine che non, sono altamente esposte al rischio di violazioni dei diritti umani, detenzione e respingimenti forzati. Il diritto internazionale prevede che i naufraghi e le persone intercettate in mare debbano essere portati in un luogo sicuro di sbarco, dove le loro necessità fondamentali possano essere soddisfatte e la loro sicurezza non sia più minacciata. Tuttavia, la Tunisia non può essere considerata un luogo sicuro di sbarco, data la situazione di repressione, violenza e discriminazione che prevale nel Paese.