«È ben curato ben assistito?» «Sotto questo aspetto, avrei una cosa da dire. Allora, i sono stato operato il 27 di giugno, qua a L'Aquila, mi hanno fatto l'operazione; niente da dire sull'operazione, è durata due ore e mezza. Dopo mi hanno messo in una stanza senz'aria né luce, cioè come se mi avessero infilato in uno scrigno, proprio uno scrigno, o sennò una cassaforte. Mi hanno infilato là ed io stavo. 27 giugno, capiamo cosa significa. Proprio uno scrigno, siete sempre liberi di andare a visionarlo: c'è solo una finestra, che non entra luce dalla finestra, perché è tappata, tutta saldata. lo, quando volevo qualcuno di loro, dovevo fare con la mano così ad una telecamera e mi vedevano; e questa porta, che non era così, era tipo a scrigno, si apriva con un bottone, che faceva tipo dei clang, che...».

A lamentarsi, del trattamento subito in ospedale, all'Aquila, dopo l'intervento per il tumore al quarto stadio, è il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Lo fa nel corso dell'interrogatorio del 7 luglio 2023, davanti al Procuratore aggiunto Paolo Guido e ai pm Pierangelo Padova e Gianluca De Leo. «Io sono arrivato alle 8 e mi hanno messo subito in sala operatoria, immediatamente; sono uscito dalla sala operatoria e mi ritrovo in questo posto, proprio da asfissia totale, asfissia totale, in una maniera proprio... per chi ama gli animali, nemmeno per gli animali...».

«Come?», chiede il Procuratore aggiunto Paolo Guido. «Per chi ama gli animali, nemmeno per gli animali è un posto adatto, quindi se io... siccome ho da fare altri interventi, ma la degenza. lei mi può dire, "Ma lei che vuole?”, niente, ma c'è una finestra a tre ante, che io non ho né luce, né niente? Fatene aprire una; fatene aprire una, nel senso di: togli al saldatura e apri, in modo che entra un poco d'aria, perché non è che vedo niente, ma così che senso ha? Non ha senso...».

«Va bene, ora lo faremo presente anche noi alla struttura, anche se queste cose, come sa, non dipendono dall'Autorità Giudiziaria, ma dipende dal DAP e dalla struttura che la ospita e che l'ha in cura...», dice il magistrato. «Veda lei che...», risponde Messina Denaro. «...ed anche i locali inadeguati, insomma; poi la sua situazione non è facile, signor Messina Denaro», dice il pm Guido. Ma Messina Denaro insiste: «.. sì, lo capisco, però che significa? Perché non è facile, debbo essere messo in una condizione di non potere respirare? Poi, se è così al legge, va bene, non chiedo niente. Che devo dire?».

A quel punto interviene la sua legale e nipote, l'avvocata Lorenza Guttadauro. «... io sono stata buona fino ad ora, però dico, se la cosa deve diventare di interesse pubblico come tutte le altre, dico, lo faccio venire fuori anche io, scrivendo al Garante Nazionale ed a quello Regionale la situazione, perché come lo descrive, sembra un loculo...». «... quindi, dico, chiuso là dentro dopo un intervento, senza aria...». E lo zio la corregge: «Un loculo no, perché è grande quanto quella stanza, però è tipo uno scrigno...». E il pm Guido: «Io personalmente, e credo tutti quanti noi, comprendiamo la sua... assolutamente il suo disagio, ma ripeto, abbiamo... forse magari, il suo avvocato può, magari, ecco, rappresentarle, anche formalmente, queste cose all'Amministrazione...».

«Quando sono uscito ed ho visto la situazione, che non riuscivo a viverla, ho chiesto: "Quando esco?", dice, "Domani mattina", "Allora ce la faccio". Ma se mi dicevano un giorno in più, mettevo firma...», dice ancora il boss. «Quindi una notte, sostanzialmente, è stata?», chiede il magistrato. «Una notte ed un giorno».