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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA
La vita penitenziaria deve assicurare sempre «il pieno rispetto dei diritti dei detenuti, in particolare di quelli più vulnerabili, nell’adempimento dei principi della Costituzione, ispirandosi al senso di umanità che essa prescrive».
Lo ha ricordato ieri presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio inviato alla coordinatrice nazionale dei magistrati di sorveglianza, la giudice Monica Amirante, in occasione del convegno per il cinquantesimo dell’Ordinamento penitenziario.
«La dignità umana non conosce zone franche di esclusione. È questa la premessa che offre ai detenuti, attraverso percorsi lungimiranti, il recupero e l’accesso ai valori della socialità e della legalità», ha quindi aggiunto il capo dello Stato, auspicando che questo importante anniversario sia l'occasione per compiere «un bilancio e riflettere sul nostro sistema detentivo in un contesto particolarmente critico«.
Dopo la presa di posizione del giorno prima da parte del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, anche il capo dello Stato ha voluto far sentire la propria voce su un tema quanto mai sensibile come quello del sovraffollamento nelle carceri, aggravato da una lunga scia di suicidi.
«La pena non è vendetta ma rieducazione», aveva detto Pinelli, ponendo l'accento sul fatto che «una pena scontata in condizioni strutturali carcerarie spesso indegne, non fa che alimentare la recidiva». «In un sistema moderno - aveva aggiunto - dobbiamo interrogarci su quali conflitti debbano essere affidati alla giurisdizione penale e quali possano essere affrontati con altri strumenti».
La ricetta di Pinelli, va ricordato, non è nuova ma è l’unica oggi possibile: aumentare la riduzione anticipata della pena.
Attualmente è prevista una riduzione della pena di 45 giorni ogni semestre per buona condotta. Come già fatto all'indomani della sentenza Torreggiani che condannò l’Italia per trattamento inumano e degradante per lo stato delle sue carceri, si potrebbe estendere tale beneficio a 60 o 90 giorni, soprattutto per i detenuti con pene brevi e che non si sono macchiati di reati particolarmente gravi. «Sarebbe una misura concreta, equilibrata, che non nega la funzione della pena e allo stesso tempo aiuta a gestire una situazione drammatica, nel rispetto dei principi fondamentali», ha sottolineato il vicepresidente del Csm.
Ed è di ieri la notizia della sospensione dello sciopero della fame da parte di Rita Bernardini, dopo 22 giorni, in risposta all’apertura manifestata dal presidente del Senato Ignazio La Russa, proprio riguardo la proposta di liberazione anticipata.
«È giunto il momento di superare ideologie e pregiudizi e di affrontare con responsabilità e umanità il tema del carcere», ha commentato l’ex presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro. In Parlamento, comunque, è sempre ferma la proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata.
«Auspico che l'intera politica, maggioranza e opposizione, sappia cogliere questa occasione per una riforma vera e giusta del nostro sistema penitenziario. Non possiamo più voltare lo sguardo davanti a condizioni inumane che riguardano non solo i detenuti, ma anche chi ogni giorno lavora nelle carceri. Serve una giustizia che accompagni, che non punisca soltanto, ma rieduchi», ha aggiunto Cuffaro.
Queste iniziative si scontrano, però, con il pensiero di Carlo Nordio. Il ministro della Giustizia ha sempre sottolineato infatti che i «suicidi in carcere non sono correlati al sovraffollamento carcerario».
«Stiamo valutando la possibilità di una detenzione differenziata per una gran parte di detenuti che sono incarcere per reati legati alla tossicodipendenza, perché più che essere dei criminali da punire, sono dei malati da curare», ha ribadito l’altro giorno lo stesso Nordio, rispondendo ad una interrogazione al Senato sulle criticità nelle carceri. «Su questo interverremo a breve e vedrete che avremo anche dei risultati importanti. Così come - ha proseguito - interverremo sulla custodia cautelare, perché il 20percento delle persone detenute in carcere sono in attesa di giudizio e almeno la metà alla fine viene assolta, quindi la loro detenzione si rivela ingiustificata».
«Intervenendo sulla rimodulazione della custodia cautelare preventiva, penso che potremo ottenere entro tempi ragionevoli una riduzione del sovraffollamento carcerario», ha poi concluso il Guardasigilli.
In attesa che la politica prenda posizione, da questa settimana il nuovo capo del Dap è il magistrato Stefano Carmine De Michele, attuale direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del ministero della Giustizia. A lui toccherà il compito di riportare un po’ di calma in un contesto sempre più incandescente.