«Caro Papa Francesco, vorrei parlarle di un uomo che soffre». Inizia così l'appello di Luigi Manconi al Pontefice per Alfredo Cospito. «Per i parametri convenzionali, che sono fatalmente anche i miei, non è un innocente -scrive il sociologo- ha commesso gravi reati e per questi ha subito condanne severe. Ora quest'uomo è in fin di vita, perché ha deciso di reagire a quella che considera una inaudita ingiustizia, mettendo a rischio la propria vita e sottoponendo il proprio corpo a un durissimo digiuno. Anche io considero una intollerabile iniquità la sorte alla quale sembra destinato, pure se è stato egli stesso ad avviarvisi intraprendendo lo sciopero della fame. Cospito è al centesimo giorno della sua protesta».

Papa Francesco

Se morisse, avverte Luigi Manconi, «oltre a sopprimere una vita umana, ciò significherebbe confermare una concezione del sistema penale che contraddice i principali fondamenti della nostra civiltà giuridica. E che nega quella che è stata, negli ultimi decenni, la più intelligente elaborazione sulle categorie di pena e di carcere, per la quale il contributo del Magistero, suo e del suo predecessore, è stato determinante».

«Caro Papa Francesco, tra le sue riflessioni, trovo quelle che seguono e che interessano le ragioni per le quali mi sono permesso di rivolgermi a lei: “Con il motivo di offrire una maggiore sicurezza alla società o un trattamento speciale per certe categorie di detenuti”, il regime detentivo differenziato ha come sua principale caratteristica l'isolamento esterno. Ancora, “la mancanza di stimoli sensoriali, la completa impossibilità di comunicazione e la mancanza di contatti con altri esseri umani provocano sofferenze psichiche e fisiche come la paranoia, l'ansietà, la depressione e la perdita di peso e incrementano sensibilmente la tendenza al suicidio”. Ecco, penso che quanto appena descritto non sia troppo diverso dall'attuale quadro clinico di Alfredo Cospito. Per questo ritengo che una sua parola possa essere utile affinché la vicenda di quest'uomo, oggi ridotto alla “nuda vita”, non cada nell'oblio. Con fiducia e speranza», conclude Manconi.