«Chiediamo che si applichi l’ampliamento della liberazione anticipata estesa a tutta la popolazione detenuta, che tale provvedimento abbia “effetto retroattivo” al 2015 (anno in cui venne sospesa) in modo da avere un risultato concreto sul numero di ristretti». Dopo la lettera appello delle detenute del carcere di Torino rivolta alla ministra Marta Cartabia e al garante nazionale, si sono aggiunti i detenuti del carcere medesimo e i reclusi del carcere sardo di Massama. Due appelli che l’associazione Yairaiha Onlus ha ricevuto dai detenuti e detenute delle due carceri e inoltrate al Dap e al ministero della Giustizia. «Con un altro messaggio – scrivono dal carcere di Torino - proviamo ad arrivare lì fuori per rompere il muro di silenzio che si sta alzando intorno a tutte le prigioni d’Italia. Dopo le rivolte, le proteste pacifiche, gli appelli passati in sordina, scritti sia da noi reclusi che da fuori: noi non ci rassegniamo a questo limbo. Non vince l’impotenza che dilaga tra queste mura. Non accettiamo di rimanere in silenzio di fronte a questa doppia pena a cui tutti noi siamo stati condannati nel corso dei diversi lockdown». «Liberazione anticipata per fronteggiare l'emergenza Covid» Le detenute e detenuti del carcere di Torino spiegano che queste loro parole sono rivolte a coloro che sostengono da più di un anno le loro proposte riguardo alla necessità dell’applicazione di misure deflattive: in primis l’ampliamento della liberazione anticipata a 75 giorni estesa a tutta la popolazione detenuta. «Necessaria – sottolineano nelle lettera - per fronteggiare sia l’emergenza Covid, sia lo stato di sovraffollamento che da troppo non permette a noi reclusi di vivere e superare degnamente il tempo della carcerazione».Ma questa volta si rivolgono anche a coloro che del “buttiamo via la chiave” hanno fatto «una ragione di vita ed anche a coloro che credono che le carceri siano un hotel». Le detenute e detenuti di Torino, nella lettera vorrebbero che si rendessero conto della realtà del carcere, perché «così come è “strutturato” non è proficuo né per i rei né per le vittime». Aggiungono che la vendetta pubblica, risultato di questo sistema penitenziario, ha un effetto boomerang: gli effetti desocializzanti hanno la meglio su quelli rieducativi. «Rieducazione e reinserimento annoverati dalla Costituzione non sono la realtà», sottolineano nell’appello.Per far comprendere meglio la realtà, le detenute e detenuti di Torino, fanno un semplice calcolo: 6(ore) X 12(mesi) = 72 ore totali, che rappresenta quanto sia alienante la carcerazione. «72 ore, pari a 3 giorni in un anno, è il tempo che viene autorizzato e concesso per i colloqui visivi, (per i detenuti al 4bis o al 41bis è ancora meno) tempo per coltivare affetti», e ancora «45 giorni all’anno (suddivisi in 12 mesi) di permesso premio, beneficio raggiunto magari dopo anni, grazie alla buona condotta, per tornare ad approcciarsi con la realtà esterna e con gli affetti». Ebbene denunciano che questo tempo a loro concesso, da più di un anno è ridotto se non bloccato, «con un aggravio sia sulla pena che sulla sfera psico-emotiva». Sempre nell’appello rivolto alle autorità, ci tengono ben a tenere presente che non stanno chiedendo nessuna clemenza gratuita, bensì – scrivono – «il rispetto di articoli della Costituzione: 27 comma 3, Art. 3 e do articoli del cod. penale (146 e 147) i quali sanciscono l’uguaglianza di diritti e la preminenza del diritto alla salute sulla potestà punitiva dello Stato, a prescindere dal reato». Per questo chiedono che si applichi l’ampliamento della liberazione anticipata estesa a tutta la popolazione detenuta. Anche i detenuti del carcere “Massama” di Oristano hanno scritto alla ministra Com’è detto, si aggiunge anche un altro appello, a firma di decine di detenuti del carcere “Massama” di Oristano. La richiesta è la medesima, ovvero la liberazione anticipata speciale. «Speriamo nella sua sensibilità – scrivono i detenuti rivolgendosi alla ministra Cartabia – e capacità di comprendere quanto sia importante per noi avere un filo di speranza in questi luoghi così particolari». L’associazione Yairaiha, inoltrando le due lettere alla ministra, coglie l'occasione per rinnovare la completa adesione alle proposte formulate, perché le ritiene assolutamente ragionevoli e, soprattutto, «necessarie affinché si possa ridare dignità alle persone recluse, risposte concrete all'emergenza pandemica e senso alla pena».Ricordiamo che venerdì prossimo scadranno le misure “deflattive” per il carcere, quelle risultate insufficienti. Al senato, c’è Italia Viva che ha presentato l'emendamento per prorogare i termini. Rita Bernardini del Partito Radicale, parla di “minimo sindacale” visto che si tratterebbe di rinnovare le misure risultate insufficienti. Nel contempo, ci si augura che il governo accolga l’ordine del giorno del deputato Roberto Giachetti dove chiede di inserire la liberazione anticipata speciale. Anche questo, in fondo, si tratterebbe del minimo sindacale. Gli stessi detenuti e detenute, nell’appello, hanno dimostrato di essere realisti. Non chiedono indulto o amnistia, ma misure deflattive efficaci.