La legge del 2011, che la proposta Siani è volta a modificare, prevede l’istituzione delle case famiglia protette per le detenute con figli piccoli. Un’alternativa al carcere o all’istituto a custodia attenuata per detenute madri (Icam) ritenuta valida da diverse associazioni, tipo “A Roma Insieme”, e non per ultimo dal garante nazionale delle persone private della libertà.  Ma, ad oggi, grazie ai diversi sforzi dell’amministrazione locale e gli enti disposti a metterci i soldi, esistono solo due case famiglia: una a Roma e l’altra a Milano. Il problema è che lo Stato, con la legge attuale, non le finanzia. Il ministro della Giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, può stipulare con gli enti locali convenzioni volte a individuare le strutture da utilizzare come case famiglia protette. Questo è il punto chiave. La politica ha riconosciuto un ruolo primario agli Icam. Mentre per quest’ultimi è sotto la responsabilità del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (quindi c’è lo stanziamento di fondi), per le case famiglia invece la responsabilità è degli enti locali o privati. Quindi lo Stato non partecipa. La distinzione più importante tra l’Icam e la casa protetta è proprio il fatto che la prima è una forma detentiva a tutti gli effetti, mentre la seconda è una misura alternativa al carcere, destinata maggiormente alle donne che non hanno un luogo dove poter scontare una pena agli arresti domiciliari. Ed è proprio questa caratteristica che “giustifica” la mancanza di fondi statali. La legge Siani che è rimasta nel limbo della commissione giustizia, invece, va a incidere anche su questo. Il comma 2, aggiungendo il nuovo comma 1-bis all'articolo 5 della legge n. 62 del 2011, prevede che alla copertura degli oneri derivanti dalla realizzazione delle case famiglia protette, si provveda a valere sulle disponibilità della cassa delle ammende di cui all'articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547. L' art. 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547 prevede l'istituzione, presso il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, della cassa delle ammende, ente dotato di personalità giuridica. La cassa delle ammende ha, tra i suoi scopi istituzionali, il finanziamento di programmi di reinserimento in favore di detenuti ed internati, programmi di assistenza ai medesimi ed alle loro famiglie e progetti di edilizia penitenziaria finalizzati al miglioramento delle condizioni carcerarie. Ricordiamo, che la legge di bilancio 2021 (commi 322) istituisce, nello stato di previsione del Ministero della giustizia, un apposito fondo, dotato di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio (2021-2023), al fine di garantire il finanziamento dell'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia protette ai sensi dell'articolo 4 della legge 21 aprile 2011, n. 62, ed in case-alloggio per l'accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino. Non solo. A questo si aggiunge  il comma 1 che incide sulla disciplina dell'individuazione delle case famiglia protette, sostituendo il comma 2 dell'articolo 4 dell’attuale legge con due nuovi commi volti a prevedere: l'obbligo (e non più la facoltà) per il Ministro della giustizia di stipulare con gli enti locali convenzioni volte a individuare le strutture idonee a essere utilizzate come case famiglia protette; rispetto al testo vigente viene meno altresì la clausola di invarianza finanziaria; l'obbligo per i comuni ove siano presenti case famiglie protette di adottare i necessari interventi per consentire il reinserimento sociale delle donne una volta espiata la pena detentiva, avvalendosi a tal fine dei propri servizi sociali.