Comincia, lentamente, a crescere il numero dei detenuti. Dall’ultimo dato statistico aggiornato dal ministero della Giustizia, si evince che rispetto ai mesi dell’emergenza Covid 19 i numeri del 20 giugno fanno segnare una leggerissima inversione di tendenza. La capienza regolamentare ( ma che non tiene conto dei posti realmente disponibili) è di 50.501 unità, mentre sono 53.579 i detenuti presenti. Quindi 3.078 reclusi in più. Rispetto al mese di maggio, il numero dei detenuti è cresciuto di un centinaio.

Ovviamente è un aumento, per ora, impercettibile ma può essere un campanello d’allarme su un probabile cambio di trend.

Come ha ben spiegato il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma durante la presentazione della relazione al Parlamento, va osservato che nel periodo compreso tra marzo e la prima metà di giugno vi è stata una diminuzione consistente delle presenze in carcere – passando da 61.230 persone detenute registrate alle attuali 53.527 ( 52.650 quelle effettivamente presenti) – ma recentemente i numeri non indicano più un andamento discendente. I numeri appena aggiornati lo dimostrano. Se nel mese di gennaio il flusso medio giornaliero delle carcerazioni era di 130 ingressi e 95 quello delle scarcerazioni, in aprile era di 58 ingressi e 72 scarcerazioni, con un bilancio quindi in diminuzione ed ora è di 117 ingressi e 86 scarcerazioni con un trend di crescita che ha portato un aumento di quasi 150 presenze negli ultimi giorni.

C’è il serio pericolo che, finita l’emergenza, si ritorni alla bulimia carceraria, senza favorire le misure alternative. In realtà, l’ottimale sarebbe non solo di non superare la capienza disponibile, ma di scendere sotto il 100 per cento, perché ogni carcere deve avere celle agibili e non occupate. Lo abbiamo visto durante l’emergenza ( che potrebbe tra l’altro bruscamente riproporsi, è recente la notizia di un detenuto del carcere di Agrigento risultato positivo al covid 19), quando poche carceri avevo disponibili celle per isolare i detenuti contagiati o mettere in quarantena i cosiddetti “nuovi giunti”. Ma non si può aspettare ogni volta qualche emergenza per ricorrere a quelle misure che in realtà si potrebbero attuare da sempre.

Inoltre i dati assoluti non rendono oggettivamente l’idea del sovraffollamento. Anche perché, nonostante la riduzione dei numeri dell’ultimo periodo, ci sono alcune carceri dove ci sono presenze che sono più del doppio di quanto preveda il parametro dell’attuale capienza. Anche nel carcere stesso ci sono sezioni dove il sovraffollamento non è presente, ma in altre sì.

Un dato oggettivo però è certo e potrebbe aprire una riflessione tra chi pensa che il sovraffollamento si abbatta con la costruzione di nuove carceri. In questi ultimi mesi abbiamo visto che si può – come d’altronde ha sempre osservato il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ( Cpt) – contenere il sovraffollamento dando avvio a politiche che limitano drasticamente il ricorso alla detenzione. D’altro canto gli Stati europei che hanno lanciato ampi programmi di costruzione di nuovi istituti hanno infatti scoperto che la loro popolazione detenuta aumentava di concerto con la crescita della capienza penitenziaria.