Se la legge che impone di informare i titolari dell’azione disciplinare sulle ingiuste detenzioni patite dagli innocenti fosse stata approvata all’unanimità in commissione Giustizia prima del caso Palamara, l’Anm si sarebbe ribellata comunque. Solo che sarebbe stata più dura. Non impaurita, com’è apparsa nel comunicato diffuso venerdì scorso.

La legge scritta dal responsabile Giustizia di Forza Italia Enrico Costa, approdata ieri nell’aula di Montecitorio per la discussione generale, è un altro esempio di come la politica abbia risfoderato le unghie nel rapporto con le toghe. Soprattutto per i toni ascoltati ieri alla Camera: tutte le forze hanno espressso il loro favore sul testo. Anche i cinquestelle. La cui rappresentante, Carla Giuliano, ha attenuato il fendente in modo impercettibile: «È grazie a un nostro emendamento se il meccanismo è stato reso meno automatico: la segnalazione dell’ingiusta detenzione riconosciuta come meritevole di risarcimento avverrà sempre.

Ma arriverà al ministro della Giustizia, che ha la facoltà, e non l’obbligo, di promuovere l’azione disciplinare nei confronti del magistrato», osserva la deputata del M5s. «Grazie alla modifica da noi presentata, la stessa segnalazione viene inviata anche al procuratore generale della Cassazione, che è invece sempre obbligato ad agire disciplinarmente, solo nei casi di violazione di legge».

Cambia qualcosa rispetto al testo depositato inizialmente in commissione, non la sostanza dei fatti. E soprattutto non cambia la convergenza unanime della politica su questo pur limitato argine alle manette facili. Sono in sostanziale sintonia l’autore della proposta, ovvero il ricordato Costa, il relatore Pierantonio Zanettin, anche lui di Forza Italia, il leghista Luca Paolini, il dem Alfredo Bazoli, la deputata di Fratelli d’Italia Ylenja Lucaselli e appunto la cinquestelle Giuliano. Tutti intervenuti ieri in Aula.

Ciascuno con una diversa inclinazione: tanto per dare l’idea, la deputata del partito di Meloni sdrammatizza con la considerazione che «anche i magistrati sono esseri umani e sbagliano...». Ciascuno intona il coro con un lieve scarto di tonalità, ma l’effetto polifonico è sorprendente. Dopo l’ok unanime in commissione, la discussione generale sembra la premessa per un via libera senza intralci anche da parte deell’Aula.

Da una parte la modifiche agli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale sembrano non stravolgere l’ordinamento. L’azione disciplinare continuerà ad essere effettivamente esercitata, per essere chiari, solo se il ministero della Giustizia dovesse concludere che l’ingiusta detenzione è stata inflitta, da parte dei magistrati coinvolti, per negligenza grave e inescusabile.

E nel caso del pg di Cassazione, che viceversa ha l’obbligo di procedere sempre, va ricordato appunto che l’ordinanza di risarcimento gli arriverà in modo filtrato, cioè solo quando il giudice che la emette, ossia la Corte d’appello, ravvisa la “grave violazione di legge”. Ma è il clima creato dal caso Palamara che conferisce al provvedimento un’impressione punitiva anche più accentuata del dovuto.

Certo, su un aspetto l’Anm deforma del tutto le cose: quando definisce la legge Costa non sbagliata, ma «inutile» giacché l’ordinamento già prevede «efficaci strumenti per l’accertamento di eventuali errori e un rigoroso sistema di responsabilità disciplinare». Rigoroso? Senza la legge che a breve sarà approvata alla Camera, le segnalazioni su pm e gip che fanno ingiustamente arrestare qualcuno ( poi prosciolto) continuerebbero a partire dagli stessi uffici giudiziari in cui i suddetti magistrati lavorano.

Sono, per questo, segnalazioni tutt’altro che automatiche o almeno frequenti. A spiegare quale sia il grado di fragilità del sistema è Costa, con un aspetto analogo richiamato sempre ieri alla Camera: «La legge ha di recente previsto che il governo debba trasmettere ogni anno, al Parlamento, una relazione sul monitoraggio delle ingiuste detenzioni: ebbene, il 30 per cento dei presidenti di Tribunale fa attendere il ministero della Giustizia più di 12 mesi, prima di trasmettere i dati, che infatti arrivano alle Camere sempre in ritardo». Della serie: non sempre i giudici sono solerti nel tenere d’occhio gli errori dei colleghi.

Quindi la legge ci vuole. «Rende più ordinato il meccanismo di trasmissione delle informazioni», osserva il leghista Paolini. Nel presentare il testo, il relatore Zanettin ricorda anche altre cose. Come il fatto che, con la legge ora in discussione, il diritto a essere risarciti per ingiusta detenzione viene esteso anche a chi finisce in carcere per fermo o per arresto in flagranza, come aveva sollecitato la Corte costituzionale.

Ancora oggi il ristoro va solo per le misure cautelari. E sul punto l’Anm non si è certo potuta lamentare. Poi Zanettin aggiunge un pro memoria che andrebbe scolpito nel marmo: «Il risarcimento economico c’è, ma a chi è stato ingiustamente incarcerato nessuno potrà restituire il lavoro, la famiglia e l’onore perduti per quell’errore». Ed è per questo, come conviene il collega azzurro Costa, che «bisogna perseguire i magistrati anche per questi illeciti, non solo perché violano il dovere di reperibilità». Vero. Ma siamo sempre lì: ci voleva una simil- Mani pulite delle toghe perché, sul punto, la politica si scoprisse unanime.