PHOTO
Alcune norme contenute nel disegno di legge di riforma del processo penale, al vaglio del Senato, «avranno come unico risultato quello di vanificare migliaia di indagini, soprattutto quelle più impegnative e delicate», come le inchieste «relative ai reati commessi a danno dei soggetti deboli, quelle di corruzione e quelle a rischio prescrizione». A lanciare il grido d’allarme è la Giunta dell’Associazione nazionale magistrati, rilevando che la prossima settimana il ddl «sarà votato al Senato, con lo strumento della fiducia», mentre «nessun emendamento è stato presentato in ordine alla norma che obbliga il pm a esercitare l’azione penale o chiedere l’archiviazione entro tre mesi dalla fine delle indagini preliminari e a quella che prevede l’obbligatorietà dell’avocazione da parte del procuratore generale presso la Corte d’appello». Il sindacato delle toghe insiste nel sostenere «l’irrazionalità» di queste norme, «destinate - secondo l’Anm - a creare un pericoloso imbuto negli uffici giudiziari», e che «non daranno alcun beneficio al sistema, ma che al contrario rallenteranno il lavoro delle Procure fino a bloccarlo completamente e a portarlo al collasso». A senatori e ministro della Giustizia, dunque, l’Associazione magistrati chiede «un ripensamento» su tali punti, sostenendo che «se queste norme verranno approvate i cittadini avranno minore tutela». Una posizione che, al capogruppo del Pd in commissione Giustizia alla Camera, Walter Verini, pare «esagerata e non fondata sulla reale portata delle norme in discussione: la riforma garantisce tempi adeguati alle inchieste più complesse, come quelle contro criminalità organizzata o terrorismo».