Alle ore otto del mattino del 27 marzo del 1995 viene ucciso nel pieno centro di Milano l’imprenditore della moda Maurizio Gucci. I quattro colpi di pistola sono sparati da Benedetto Ceraulo, mandante dell’omicidio l’ex moglie Patrizia Reggiani. Condannata a 26 anni di carcere, le restano da scontare tre anni in libertà vigilata. Ma ad attenderla anche i soldi che lui gli aveva promesso come rendita fissa e che secondo il giudice le spettano ancora, un milione all’anno, compresi gli arretrati.

Alle ore otto del mattino del 27 marzo del 1995 viene ucciso nel pieno centro di Milano l’imprenditore della moda Maurizio Gucci, nipote di Guccio, fondatore della celebre maison fiorentina. I quattro colpi di pistola sono sparati da Benedetto Ceraulo, mandante dell’omicidio l’ex moglie Patrizia Reggiani che, non accettando la separazione, aveva promesso al killer la somma di 500.000 lire. Arrestata nel 1997, la Reggiani venne inizialmente condannata a 29 anni di reclusione, poi ridotti a 26 in appello ( pena confermata in Cassazione). Nel maggio del 2014 l’affidamento ai servizi sociali. Ultimo step il prossimo 16 febbraio con l’udienza davanti al magistrato di sorveglianza di Milano per stabilire le modalità con le quali dovranno essere scontati i rimanenti 3 anni di libertà vigilata.

Nel frattempo, il mese scorso, la sezione quarta civile della Corte d’Appello di Milano ha depositato, al termine di un lungo e assai travagliato iter giudiziario, una sentenza che renderà sicuramente più piacevole il ritorno della Reggiani alla piena di libertà.

La causa riguardava una controversia fra la Reggiani e le sue figlie Alessandra ed Allegra, uniche eredi dello scomparso Maurizio Gucci.

Con un accordo denominato “promemoria d’intenti” sottoscritto la vigilia di Natale de 1993 a Sant Moritz, Maurizio Gucci, separatosi dal 1985, si era impegnato a versare “vita natural durante” alla ex moglie Patrizia Reggiani la somma di 1.100.000 Franchi svizzeri l’anno. Somma da rivalutarsi annualmente. Per il 1994 la somma doveva essere versata in un’unica soluzione. Per gli anni successivi in due soluzioni: 1° gennaio e 1° luglio. Secondo la Reggiani, rappresentata nella causa da un tutore legale, tale impegno non si era estinto con la morte dell’ex marito ma si era trasferito in capo alle sue eredi Allegra ed Alessandra. Le quali, invece, non le avevano mai corrisposto il vitalizio pattuito.

Nell’opposizione alle richieste delle madre, Allegra ed Alessandra evidenziavano un difetto di giurisdizione del Tribunale italiano, in quanto la competenza doveva essere radicata nel foro di St. Moritz. Oltre a ciò, rappresentavano il fatto che la madre aveva «cagionato la morte del debitore». Secondo le figlie, infatti, tale circostanza «non è priva di effetti sul rapporto».

Di tutt’altro avviso la Corte d’Appello di Milano che, oltre a dichiararsi compente sulla decisione, evidenziava che «il comportamento, penalmente sanzionato di Patrizia Reggiani, non ha però avuto rilievo sugli accordi raggiunti con Maurizio Gucci ed è irrilevante». Anzi, «ogni altra valutazione attiene all’ambito morale e non strettamente giuridico e quindi non influenza l’interpretazione dell’accordo».

Pertanto, il “promemoria d’intenti” sottoscritto il 24 dicembre del 1993 ha piena validità. Oltre ad essere condannate alle spese, Allegra ed Alessandra dovranno, dunque, versare alla madre, partendo data dalla di sottoscrizione, il vitalizio di 1.100.000 di Franchi svizzeri. Interessi compresi. Nel contempo è stata risarcita anche Paola Franchi per il “danno subito” dalla morte di Maurizio Gucci. In quanto quest’ultimo, dopo essersi separato dalla Reggiani, aveva iniziato con lei una stabile convivenza.

Resta, in conclusione, solo da risarcire Giuseppe Onorato, l’ex custode dello stabile di via Palestro a Milano, oggi 72enne, rimasto ferito gravemente ad un braccio da una pallottola sparata per errore dal killer Benedetto Ceraulo durante l’agguato in cui morì appunto Maurizio Gucci.

Patrizia Reggiani, infatti, venne condannata anche a risarcire Onorato, rimasto invalido, con la cifra di 200 milioni di lire. Cifra mai corrisposta in questi anni in quanto la Reggiani, oltre a vantarsi di «non aver lavorato un solo giorno della sua vita», era ufficialmente nullatenente. Questo fino al mese scorso.