Il congresso forense ha sfidato la politica e la politica ha risposto. Al momento la risposta è pienamente positiva.

Andrea Mascherin, presidente del Cnf, nella sua relazione ha posto in modo molto fermo il problema dell’introduzione in Costituzione della figura dell’avvocato. Dopo di lui ha parlato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, e ha risposto sì, alla domanda di Mascherin. Poi hanno parlato molti giuristi, di grande prestigio, nel corso di una tavola rotonda che si è svolta il pomeriggio ( e della quale riferiremo sul giornale di domani) e hanno spiegato perché l’avvocato in Costituzione è politicamente e giuridicamente importante.

Infine sono stati interpellati i politici, di tutti i partiti, e quasi tutti – maggioranza e opposizione – hanno confermato la loro disponibilità.

Bene, ottime notizie da Catania. Dunque possiamo dire due cose. La prima è che questo congresso, che è stato aperto solo ieri, ha già ottenuto un risultato molto forte. La seconda è che questo successo apre una nuova battaglia politica: quella per ottenere che gli impegni assunti ieri dai politici siano mantenuti e la modifica costituzionale vada in porto.

Finisce qui il Congresso? No, per la semplice ragione che l’idea di introdurre, o rafforzare, la presenza della figura dell’avvocato in Costituzione, è solo lo strumento di una battaglia che è molto più complicata. E cioè la lotta per far passare l’idea che la modernità vada costruita sullo stato di diritto e non sul feticcio della punizione, o sull’etica. Che una società davvero moderna è una società di “innocenti”, pacifica, dove la giurisdizione non è concepita come uno luogo di lotta politica – o economica, o di guerra di interessi e di ideologie – ma viceversa come il luogo che assicura la giusti- zia e il diritto. E basta.

La nostra Costituzione garantisce la presunzione di innocenza. E la esalta. Ma la presunzione di innocenza non può essere immaginata come una semplice formalità giuridica. Altrimenti non esiste, non può vivere. E’ un’idea molto forte, vasta: morale, culturale. La presunzione di innocenza risponde all’idea che la nostra sia una società di innocenti, dove il delitto è l’eccezione, e va accertato, provato oltre ogni ragionevole dubbio, e attribuito solo ed esclusivamente alla responsabilità personale.

Il problema è che questa idea di società oggi è in netto contrasto con la realtà. Dire “società di innocenti” sembra quasi una bestemmia. La società nella quale viviamo è quella della presunzione di colpevolezza e dell’invocazione della pena. Dove la ricerca della verità e l’esecuzione della giustizia non sono più delegate ai tribunali ma alla Tv, alla rete, ai giornali. Dove la giustizia spettacolo è l’unica sacrosanta e riconosciuta.

L’avvocatura si propone come contraltare di questa cultura, di questa idea prevalente. E lancia la sua sfida, che è una sfida del tutto controcorrente e perciò difficilissima. Si offre per guidare una battaglia che riguarda tutta la società, e dalla quale dipenderà il futuro di questa società.

L’idea di introdurre la figura dell’avvocato in Costituzione non risponde a una semplice esigenza dell’avvocatura. Non è una rivendicazione, magari nei confronti della magistratura. E’ invece una idea generale che riguarda tutta la società. E in questa idea c’è l’impegno per uscire dal moderno medioevo delle gogne, costruite dai media e dall’opinione pubblica. In questo senso Mascherin, ieri, l’ha posta come battaglia centrale e come sfida politica. Chiamando gli avvocati a recuperare la propria autostima e a rendersi conto che sono loro alla testa di una battaglia che è una battaglia di politica “alta”.

Mi ha colpito, nelle varie fasi della discussione, il breve discorso pronunciato dall’unico partecipante che con il mondo del diritto c’entra poco: l’arcivescovo di Catania. Beh io ho avuto l’impressione che, invece, col diritto questo vescovo c’entra molto. Ci ha raccontato la storia di Sant’Ivo, che la Chiesa cattolica considera il patrono degli avvocati. E di come fu lui, più di sette secoli fa, a inventare la figura dell’avvocato che realizza il “gratuito patrocinio”. Il Vescovo di Catania ci ha spiegato che per lui la difesa dei più deboli è la missione vera dell’avvocato. Ed è il motivo per il quale una comunità è tanto più giusta quanto più questo diritto è assicurato. C’entra qualcosa questo ragionamento del vescovo con il discorso di Mascherin e con la battaglia per l’avvocato in Costituzione? A me sembra che c’entri moltissimo.