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Da Nicola Gratteri l'anatema: "La presunzione d'innocenza aiuta la mafia"
«La riforma della giustizia si fa perché è giusta e serve o perché altrimenti non ci arrivano i soldi? Questo è umiliante per uno Stato che ha partecipato alla costituzione dell’Europa». Con queste parole il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha concluso la sua audizione in Commissione Giustizia, nell’ambito dell’esame del disegno di legge per la riforma della giustizia. Quella del procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, collegato in videoconferenza dal suo ufficio, è stata una audizione durata poco più di ventotto minuti, durante la quale ha analizzato la «riforma Cartabia», bocciandone apertamente molti aspetti. Per Gratteri infatti «c’è un approccio errato alla base della riforma, l’idea che il tempo tra Appello e Cassazione sia collegato alla produttività dei magistrati, ma i magistrati italiani sono i più produttivi in Europa. I giudizi in Italia durano di più perché è più alto il numero di procedimenti che vengono affrontati. Basti pensare che in Cassazione i ricorsi sono pari a dieci volte in più di quelli presentati in un Paese come il nostro, quale ad esempio la Francia». Il procuratore del capoluogo calabrese ha anche avanzato proposte alternative, spiegando che nel caso della improcedibilità dell’azione penale, «qualsiasi proposta deve partire con modifiche a monte non a valle. Ci sono molte proposte che sono rimaste inascoltate e persino la prescrizione del reato così come prevista prima della riforma Bonafede provocherebbe meno danni». Respinta anche l’idea che il termine massimo di improcedibilità possa essere applicato a tutti i reati, così come è stato criticato il concordato in appello definito un «istituto incoerente che non viene nemmeno escluso per reati di mafia, terrorismo o per traffico di droga». «Attraverso questo istituto - ha evidenziato il procuratore di Catanzaro rispetto al concordato in appello - lo Stato consentirebbe di vanificare il lavoro fatto nel processo di primo grado». Gratteri ha anche affrontato l’aspetto della riforma che prevede di retrodatare la posizione di un indagato: «In questo momento abbiamo almeno 10 processi per criminalità organizzata nel distretto di Catanzaro, con questa norma controllare le posizioni di cento imputati con informative da 3000 pagine in su è impossibile. Il tribunale dovrà studiare per mesi il momento in cui dovrà identificare il momento in cui una persona viene citata per la prima volta. Questa - ha concluso - è la più grande zeppa nel meccanismo giustizia». «Con l’improcedibilità prevista dalla riforma Cartabia il 50 per cento dei processi, consideratala gran mole dei reati di mafia e maxi processo che celebriamo, saranno dichiarati improcedibili in appello», prosegue Gratteri, per il quale la riforma avrà «come effetto quello di travolgere un enorme numero di sentenze di condanna» e tra le conseguenze ci sarà «la diminuzione del livello di sicurezza per la nazione». Dello stesso avviso il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, che lancia l'allarme: «Immaginare che tanti processi vengano dichiarati improcedibili mina la sicurezza del Paese». Con la riforma, aggiunge de Raho, «vi è una sorta di chiusura processuale» che «non corrisponde alle esigenze di giustizia» e che «riguarda tutti i processi» compresi quelli su «reati gravissimi» quali «mafia, terrorismo e corruzione» sui quali «l’Italia ha da sempre prestato un’attenzione specifica»: questo aspetto, ha osservato Cafiero de Raho, «ricade sulla sicurezza della nostra democrazia».