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Weekend elettorale per i magistrati italiani, chiamati ad eleggere, l’8 e 9 luglio, i nuovi membri togati del Consiglio superiore della magistratura. La competizione, però, non dovrebbe riservare grandi sorprese, visto il numero esiguo di concorrenti: solo 21 candidati per 16 posti. «In pratica, elezioni inutili», denuncia un gruppo di magistrati, firmatari di un documento in cui invitano i colleghi disertare le urne contro la spartizione “correntizia” delle poltrone. «Mai così pochi nella storia delle elezioni del Csm, nonostante il numero delle correnti in campo sia aumentato, passando da 3 a 4», scrivono i sostenitori del “non voto”, tra cui figura Andrea Mirenda, ex presidente di sezione presso il Tribunale di Verona, finito lo scorso anno agli onori delle cronache per aver rinunciato a un incarico semidirettivo in polemica col «carrierismo» regolato dalle correnti togate. Nel mirino dei magistrati “ribelli” finiscono ancora le logiche spartitorie con cui verranno selezionati i componenti del futuro Csm. «In due categorie (legittimità e requirenti di merito) un candidato per ciascuno dei gruppi esistenti», recita il documento. Per trovare i magistrati requirenti di merito, le elezioni saranno addirittura un rituale superfluo: solo quattro candidati per quattro posti, praticamente tutti già assegnati.L’unica categoria in cui i giochi sembrano totalmente aperti è quella dei “magistrati che esercitano funzioni di legittimità presso la Corte di Cassazione e la Procura Generale”, due posti disponibili per quattro pretendenti. Tra loro, Piercamillo Davigo, forse la toga più “mediatica” in circolazione, che dovrà lottare per diventare consigliere. «Lì dove esiste un minimo di competizione, assistiamo solo a giochi di forza», ci spiega Andrea Reale, Gup presso il Tribunale di Ragusa, tra i firmatari del documento. «Sarà una sfida per vedere chi alla fine riuscirà a spostare più in alto l’asticella del consenso».Per il resto, il destino del Csm sembra già scritto. «A che serve, allora, votare? », si chiedono le toghe astensioniste, prima di lanciare un pesante atto d’accusa nei confronti delle correnti. «Mai l’Autogoverno dei magistrati designato dalla Costituzione è stato così annullato dall’Eterogoverno di associazioni private il cui scopo principale, al di là delle declamazioni di principio, sempre più si esaurisce nel soddisfare gli interessi dei rispettivi dirigenti, soci formali e sodali di fatto». Parole che si trasformano in macigni, scagliati da magistrati estranei ai “gruppi sindacali” contro quelle che ritengono distorsioni di un potere chiuso. «Parliamo di eterogoverno perché di fatto il Csm è in mano ad associazioni private, seppur composte da magistrati, quali sono le correnti», dice Reale. «Noi crediamo invece che il Consiglio, come organo di garanzia, debba avere una connotazione diversa».Di conseguenza, «in queste condizioni, votare significa alimentare la logica che sta inquinando sempre più gravemente il sistema dell’autogoverno dei magistrati e rischia sempre più di compromettere lo stesso esercizio indipendente e imparziale della giurisdizione», spiegano le toghe disobbedienti nel loro “manifesto”. «Non possiamo e non vogliamo più concorre. Ci asteniamo, quindi, dal votare», è l’annuncio dei magistrati “rivoltosi”.L’unico modo per arginare lo strapotere delle correnti sarebbe «riformare la legge elettorale del Csm», dice ancora Andrea Reale, «consentendo anche a persone sganciate dalle correnti di poter accedere all’Autogoverno. Oggi è impossibile». Eppure i modi per scardinare il sistema senza metter mano alla Costituzione ci sono. «Sarebbe possibile, ad esempio, pensare a un sistema misto: sorteggio dei candidati e poi elezioni», argomenta reale. «Oppure si potrebbero creare collegi uninominali su base territoriale». Solo una cosa non potrà mai accadere: «Che la magistratura si autoriformi», “sentenzia” il giudice Andrea Reale. «L’unico intervento riformatore potrà arrivare dalla politica». E non a caso, i sostenitori dell’astensionismo citano le parole contenute nel contratto di governo giallo-verde in materia di indipendenza della magistratura. Non è una scelta di campo, ma «in qualche modo è un invito alla politica a intervenire e ad agire di conseguenza». Che le operazioni di voto abbiano inizio.