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Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha emesso la nuova circolare che corregge la controversa direttiva di ottobre. Il documento firmato dal direttore generale dei detenuti e del trattamento Ernesto Napolillo ridisegna le regole per l’ingresso della comunità esterna negli istituti penitenziari, recependo parte delle osservazioni presentate dall’Unione delle Camere Penali Italiane.
La svolta principale riguarda la terminologia. La parola “autorizzazione” sparisce completamente, sostituita da “nulla osta”. E la circolare lo dice in modo esplicito: “ogni riferimento all’autorizzazione contenuto nella circolare del 16.07.1997 e nella nota del 21.10.20 deve sempre intendersi quale richiesta di nulla-osta da parte dell’amministrazione”. Una precisazione che mette ordine in settimane di polemiche e incertezze. Non è una sfumatura burocratica. La circolare chiarisce che il potere di autorizzazione spetta “in modo esclusivo” al magistrato di sorveglianza, come prevede l’articolo 17 dell’ordinamento penitenziario. Il nulla osta dell’amministrazione penitenziaria è altra cosa: serve a “valutare la compatibilità dei modelli organizzativi” con le esigenze di sicurezza, ma non toglie al magistrato la decisione finale.
Ed è proprio su questo punto che si erano concentrate le osservazioni presentate il 21 novembre dall'Osservatorio Carcere dell’Unione delle Camere Penali Italiane. Nel documento inviato al ministero, l’Ucpi aveva chiesto di chiarire espressamente che il parere del Dap doveva avere “funzione meramente consultiva”, per evitare che un direttore di istituto, di fronte a un diniego di Roma, non inoltrasse la richiesta al magistrato di sorveglianza, “unico titolare del potere autorizzatorio”.
La nuova circolare recepisce questa richiesta e va oltre. Spiega che i due procedimenti - il nulla osta amministrativo e l’autorizzazione del magistrato - “afferiscono a momenti differenti della sequenza procedimentale”. L’uno precede l’altro. Il primo risponde a “interessi collettivi e d'apparato amministrativo”, deve verificare che l’istituto abbia gli spazi e le risorse per organizzare l’evento. Il secondo deve “ponderare e valorizzare le esigenze personologiche e individuali delle scelte trattamentali”, secondo il principio di “massima espansione dei diritti”.
Accolta la questione temporale
Altro punto centrale: i tempi. Le Camere Penali avevano chiesto di “stabilire con esattezza sia il termine temporale per la trasmissione della proposta, sia il termine temporale per la conclusione del procedimento”. La nuova circolare accoglie questa richiesta in pieno. Le istanze vanno trasmesse “entro e non oltre 7 giorni prima dell’evento”. Se arrivano fuori tempo sono inammissibili. E l’amministrazione deve rispondere “al massimo entro 2 giorni lavorativi”. La circolare di ottobre aveva parlato genericamente di “congruo anticipo”, senza specificare i giorni. Ora il termine è cristallizzato: sette giorni, non uno di meno. Una scelta che tiene conto delle obiezioni dei magistrati di sorveglianza, che avevano fatto notare come cinque giorni fossero troppo pochi per valutare seriamente le proposte.
Il documento chiarisce anche l’ambito di applicazione. Il nulla osta della Direzione generale serve solo “per i soli Istituti penitenziari con circuiti a gestione dipartimentale (Alta Sicurezza, Collaboratori di Giustizia, 41-bis)”. Anche se l’evento riguarda solo detenuti di media sicurezza. Negli altri istituti, dove ci sono solo detenuti di media sicurezza, le competenze restano ai provveditorati regionali. Per gli eventi che coinvolgono anche detenuti di alta sicurezza serve “la lista nominativa di tutti i detenuti allocati in alta sicurezza”. La richiesta deve indicare anche data, spazi utilizzati, durata, elenco dei partecipanti della comunità esterna e il parere della Direzione.
Il documento non recepisce invece un’altra richiesta dell’Ucpi. Le Camere Penali avevano chiesto di specificare che “la competenza organizzativa e gestionale non debba mai intaccare il contenuto della offerta trattamentale esterna”. La nuova circolare mantiene sul punto la stessa formulazione di ottobre: “l’organizzazione e la gestione degli eventi dovrà sempre rimanere in capo alle Direzioni, evitando che la programmazione delle azioni e le scelte organizzative siano esternalizzate”.
C’è però un’aggiunta importante. La circolare specifica che “rimangono assolutamente invariate tutte le modalità gestionali già adottate dai singoli istituti nel dialogo tra Direzioni, aree educative e comunità esterna”. E aggiunge una raccomandazione: gli istituti devono “agevolare quanto più possibile la partecipazione all’azione rieducativa dei cittadini, delle associazioni e delle istituzioni, fornendo ausilio necessario, snellendo le procedure”. La circolare chiude con un annuncio: è in arrivo “successiva lettera circolare in tema di ricognizione best practices e attività progettuali rilevanti”. Un documento che dovrebbe mappare le buone pratiche negli istituti e valorizzare i progetti che funzionano.
Le critiche del passato
Le proteste contro la circolare di ottobre erano state durissime. L’Osservatorio regionale della Campania, guidato dal garante Samuele Ciambriello, aveva parlato di “scelta accentratrice” che aumentava il rischio di aggravare il già tragico bilancio dei suicidi in carcere. Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino aveva sollevato il caso in tutte le sedi istituzionali. Roberto Giachetti aveva presentato un'interrogazione parlamentare. Durante l’ultima riunione tra il ministero e le organizzazioni che si occupano di carcere, erano arrivate le prime rassicurazioni. Ora la nuova circolare mette nero su bianco le modifiche annunciate. Un documento che recepisce parte delle osservazioni dell’Ucpi - soprattutto sul nulla osta e sui tempi - ma che lascia aperte alcune questioni, come il rapporto tra gestione organizzativa e contenuti dei progetti.
I numeri del resto dicono che il problema è strutturale. In Campania, per fare un esempio, c’è un solo educatore ogni 74,6 persone detenute, contro un agente di polizia ogni 2,08 persone detenute. Uno squilibrio che racconta dove si concentrano le risorse e le priorità dell'amministrazione penitenziaria. E la circolare di ottobre sembrava confermare questa tendenza: funzionalizzare tutti i comparti al supporto dell’attività di polizia, dimenticando che l’area educativa ha altre funzioni da svolgere per dare uno scopo risocializzante alla pena.
Le modifiche rappresentano un segnale importante. L’Unione delle Camere Penali, nel documento del 21 novembre, aveva scritto che i correttivi proposti erano “davvero opportuni nell’ottica di una efficace opera trattamentale rieducativa dei detenuti, utile, unitamente ad altri elementi, a rafforzare anche l’istituto della liberazione anticipata”. Un’osservazione che lega le attività trattamentali non solo al principio costituzionale della rieducazione, ma anche a strumenti concreti come la liberazione anticipata, che può alleggerire il dramma del sovraffollamento.
La vera sfida ora sarà l'applicazione pratica. La circolare c’è, il nulla osta ha sostituito l’autorizzazione, i tempi sono stati definiti con precisione. Ma sarà la pratica quotidiana negli istituti a dire se davvero le attività con la comunità esterna potranno moltiplicarsi come auspica il ministro, o se la macchina burocratica troverà altri ostacoli da frapporre. La verifica tra tre mesi, annunciata durante la riunione al ministero, servirà proprio a questo: capire se il cambio di termini si tradurrà in un vero alleggerimento delle procedure o resterà lettera morta.
Per ora si registra una parziale vittoria del dialogo tra istituzioni e società civile. Le osservazioni presentate dall’Ucpi hanno trovato accoglimento su punti centrali come la distinzione tra nulla osta e autorizzazione, i tempi certi per le procedure, il riconoscimento del ruolo esclusivo del magistrato di sorveglianza. Restano aperti altri nodi, ma il confronto al ministero ha prodotto un documento diverso da quello di ottobre. Un percorso che dimostra come, anche in un sistema complesso e spesso chiuso come quello penitenziario, sia possibile correggere la rotta quando le critiche sono fondate e le proposte sono costruttive.


