Oltre 18mila ragazzi stranieri arrivati in Italia senza genitori. Posti insufficienti, rimborsi in ritardo, strutture che scoppiano. E mentre il governo promette fondi, le associazioni denunciano: stiamo smantellando l’accoglienza proprio quando servirebbe rafforzarla. I numeri parlano chiaro. Al 31 ottobre scorso i minori stranieri non accompagnati ospitati nelle strutture italiane erano 18.038. La maggior parte ha tra i 16 e i 17 anni. Le ragazze sono solo il 12% del totale, ma vivono situazioni drammatiche: quasi una su cinque ha subito torture o violenze, più di una su cinque è stata vittima di tratta, l’ 11% era incinta al momento dell'arrivo. Sono dati che emergono da un’analisi del Sole 24 Ore e che fotografano un sistema al limite.

La Sicilia regge sulle spalle il peso maggiore: da sola ospita il 26,8% di tutti i minori soli presenti in Italia, quasi un terzo del totale. È l'effetto di essere la principale porta d'ingresso dal Mediterraneo. La Lombardia segue con il 12,7%, ma con una differenza enorme: lì l’accoglienza è più strutturata, in Sicilia si fa quello che si può. Il problema vero non sono i numeri degli arrivi. È la disorganizzazione del sistema. Lo scorso agosto i sindaci hanno lanciato l’allarme attraverso l'Anci: mancavano 200 milioni per coprire le spese già sostenute dai Comuni per l’accoglienza. Il governo ha risposto promettendo rimborsi: 80 milioni per il 2023, 120 per il 2024 e altri fondi per il 2025. Ma i soldi arrivano in ritardo e non risolvono il nodo principale: i posti disponibili sono troppo pochi.

POSTI INSUFFICIENTI

I centri del sistema Sai, quelli gestiti dai Comuni che offrono anche percorsi scolastici e formativi, hanno 5.977 posti. Nel 2024 sono riusciti ad accogliere 9.510 minori solo grazie al turnover: ragazzi che compiono 18 anni e lasciano il posto ad altri. A marzo sono stati autorizzati altri mille posti, ma è una goccia nel mare. Secondo i dati dell’Anci, a fronte di 16.497 minori presenti sul territorio, i posti Sai dedicati ai ragazzi soli sono poco più di 6mila, a cui si aggiungono appena 1.500 nei centri di accoglienza straordinaria per minori. Il risultato è che molti ragazzi restano bloccati nei centri di prima accoglienza, i Cas, che dovrebbero essere usati solo per periodi brevissimi e che spesso garantiscono solo un letto e un pasto. Al 30 giugno il 16% dei minori era ancora lì. Il 63% si trovava in soluzioni di seconda accoglienza, tra Sai e comunità educative. Il 21% era in famiglia, soprattutto rifugiati ucraini.

Ma c’è di peggio. Dal decreto legge 133 del 2023 è possibile inserire minori stranieri in centri di accoglienza per adulti. Una scelta che l’Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione denuncia nel suo comunicato di ottobre 2025: «Sempre più spesso minori vengono inseriti in centri per adulti, senza un vaglio effettivo sulle loro vulnerabilità». È come buttare un ragazzo di 16 o 17 anni in un mondo che non è fatto per lui, senza tutele. In Friuli Venezia Giulia è andata anche oltre.

La legge regionale del 21 marzo 2025 ha introdotto l'obbligo di un parere vincolante per autorizzare nuove comunità per minori stranieri, basato su criteri che di fatto impediscono di aprirle nei capoluoghi e nei centri urbani principali. Secondo Asgi si tratta di “disposizioni di dubbia legittimità costituzionale” che invadono competenze dello Stato e vogliono “deliberatamente ostacolare l'apertura di nuove strutture”. Il risultato pratico è che i ragazzi finiscono in comuni isolati, lontani da scuole, servizi sanitari, possibilità di integrazione reale.

Il disagio, come già abbondantemente riportato nel settimanale de Il Dubbio, esplode nelle carceri minorili. Nel 2024 ci sono state 28 rivolte negli Istituti Penali per Minorenni. La risposta? Psicofarmaci. Sempre più psicofarmaci. Tra il 2022 e il 2024 la spesa per antipsicotici è aumentata in modo vertiginoso: a Torino del 43%, a Nisida del 237%, a Pontremoli del 435%, a Roma del 32%. Farmaci pensati per patologie come la schizofrenia, usati per contenere comportamenti difficili.

A Milano, all’Istituto Beccaria, sono 42 gli indagati tra ex direttori, comandanti, agenti e operatori sanitari per maltrattamenti e torture ai danni di 33 giovani detenuti. I fatti risalgono al periodo tra il 2021 e il 2024. Ci sono stati 13 arresti e 8 sospensioni. Ma il segnale più drammatico è arrivato dal carcere minorile di Treviso. Danialo Riahi, 17 anni, minore straniero non accompagnato tunisino, si è impiccato con i suoi jeans nella cella del centro di prima accoglienza ed è morto in ospedale il 12 agosto scorso. Era passato solo qualche ora dal suo arresto. È il primo suicidio in un carcere minorile da 22 anni. «Quale sintomo più dirompente della crisi in cui versa il sistema?» si chiede Asgi nel suo comunicato.

PROCEDURA CONTRO L’ITALIA

Le Questure non aiutano. Le prassi diventano sempre più restrittive: pretendono l’esibizione del passaporto per rilasciare il permesso di soggiorno per minore età, anche se la legge non lo prevede. Respingono le richieste di conversione del permesso alla maggiore età per inadempimenti imputabili ai Consolati o ai servizi pubblici, non ai ragazzi. E il prosieguo amministrativo, lo strumento pensato per sostenere i più fragili oltre i 18 anni, spesso fallisce per carenza di risorse nei servizi territoriali. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già condannato più volte l’Italia per l’inadeguata accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Le sentenze non hanno trovato piena esecuzione. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha aperto una procedura di supervisione per monitorare cosa sta facendo il governo.

“Invece di rafforzare il Sistema di Accoglienza e Integrazione, il governo sta procedendo al suo progressivo smantellamento”, denuncia Asgi. I servizi di neuropsichiatria infantile sono al collasso, con tempi di attesa lunghissimi. Mancano mediatori culturali nei servizi pubblici. Le comunità educative sono poche e spesso gli operatori hanno contratti inadeguati che non permettono una presenza continuativa. Il coordinamento tra carcere ed esterno è insufficiente. I ragazzi vengono trasferiti da un istituto all’altro, dal Nord al Sud, perdendo i legami con l’esterno. «La narrazione va invertita», scrive Asgi. «I ragazzi non sono problemi a cui far fronte in modo semplicistico, ma portatori di risorse potenziali che occorre riconoscere e rafforzare».

Le risposte servono ora. Il sistema è già al limite. Senza un intervento rapido e strutturale, la situazione rischia di diventare ingestibile. E a pagarne il prezzo saranno proprio quei ragazzi che la Costituzione, all’articolo 31, impone allo Stato di proteggere.