«La giustizia non è un obiettivo di parte o di categoria. Avvocati e magistrati hanno ruoli diversi, ma il funzionamento della giustizia riguarda entrambi allo stesso modo. Per questo motivo è necessario favorire l’interlocuzione». La presidente facente funzione del Consiglio nazionale forense Maria Masi interviene così nella discussione sul diritto di tribuna, dopo la polemica per la decisione del Consiglio giudiziario di Bari di escludere gli avvocati e gli accademici dalle sedute. E ciò in quanto «le valutazioni dei magistrati sono affidate anche agli avvocati in seno al Csm», ha spiegato l’Anm di Bari, ma «per tali componenti, durante lo svolgimento pluriennale di tali delicate funzioni, vige il divieto assoluto di esercizio della libera professione».

Cosa che non avviene per i componenti del Consiglio Giudiziario distrettuale. Motivo per cui, secondo le toghe, «il mero ascolto dell’avvocatura nelle sedute tenute su quelle pratiche in Consiglio Giudiziario sarebbe del tutto irragionevole», evidenziando che «porterebbe, senza adeguate garanzie, all’immagazzinamento silente di una massa di informazioni delicate e sensibili ad opera di singoli avvocati quotidianamente impegnati nelle attività professionali dinanzi ai magistrati giudicati». Un concetto ribadito ieri, in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno, anche da Salvatore Casciaro, segretario di Anm, che ha però auspicato che si possa riprendere presto «il filo di un sereno confronto istituzionale».

Al confronto e alla serenità ha fatto riferimento anche l’onorevole pugliese Carla Giuliano, capogruppo in commissione Giustizia della Camera dei deputati per il Movimento Cinque Stelle, che ha a sua volta auspicato «segnali distensivi tra magistratura e avvocatura, che sono anime sotto differenti profili comunque poste a tutela della Giustizia, soprattutto nell’interesse superiore delle istituzioni che entrambe rappresentano». La riforma Bonafede va in questa direzione: l’articolo 3 della proposta di legge, infatti, prefigura un rafforzamento del ruolo dell’avvocatura nei Consigli giudiziari, introducendo la facoltà per i componenti avvocati e professori universitari di partecipare alle discussioni e assistere alle deliberazioni relative all’esercizio delle competenze dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. Il Cnf, nella sua audizione in merito alla riforma dell’ordinamento giudiziario, ha suggerito di formalizzare il coinvolgimento dei medesimi Consigli nelle attività prodromiche rispetto al conferimento e alla conferma di uffici direttivi o semidirettivi, prevedendo anche in quel caso la partecipazione dei membri avvocati.

In attesa della riforma, ciò che viene concesso in 14 Consigli giudiziari è, dunque, il solo diritto di tribuna. Una conquista, certo, ma la stessa «non asseconda le esigenze che l’avvocatura ha manifestato negli anni - sottolinea ancora Masi -, anche perché tale possibilità è subordinata al regolamento del singolo Consiglio. In ogni caso era un modo per coinvolgere l’avvocatura anche se questa modalità, da sola, non soddisfa l’esigenza di condividere e partecipare in maniera attiva». Ciò nonostante in tutti gli altri organismi, come il Csm, la presenza dei componenti laici, avvocatura compresa, è sicuramente più attiva e partecipata, ricoprendo le stesse funzioni dei componenti togati. La differenza, per Casciaro, è chiara: lì, infatti, «esercitano un ruolo istituzionale di rilievo costituzionale non calato nelle realtà locali, tant’è che non possono esercitare la professione legale durante il mandato consiliare». Ma il punto è uno: la giustizia non è un fatto che riguardi una sola componente della giurisdizione. «Ciò che auspico - ha proseguito Masi - è un percorso di condivisione tra avvocatura e magistratura per questioni che riguardano il funzionamento della giustizia, questioni non avulse dal contesto, per cui non si comprende per quale motivo si dovrebbero escludere gli avvocati, non soltanto dalla partecipazione, ma finanche dal diritto di tribuna. La riforma Bonafede prevede un ampliamento, con una partecipazione più attiva dell’avvocatura nei Consigli giudiziari, con una fisionomia più simile a quella del Csm. Nel momento in cui c’è una proposta di riforma che prevede questo cambio di fisionomia, scegliere di escludere gli avvocati è anacronistico, tenuto conto che mai come in questo periodo bisognerebbe convergere verso la collaborazione, nel rispetto dei ruoli e delle funzioni. Che sono sì diverse, ma il ruolo di garanzia è lo stesso per entrambe le categorie».