Siamo alle solite. In Italia i reati diminuiscono ma la paura cresce. Tra l'agosto del 2015 e il 30 luglio del 2016 sono diminuiti gli omicidi, ci sono state meno rapine e s'è abbassato il numero dei furti. Ma la sensazione di insicurezza degli italiani e che tutto stia andando a rotoli. La paura cresce.Ormai da anni gli studiosi distinguono tra "condizione della sicurezza", misurata in modo scientifico sui dati ufficiali e "percezione della sicurezza", cioè il modo in cui i cittadini percepiscono la propria condizione. E sempre di più i due fenomeni si allontanano ed hanno sempre meno punti in comune. Insomma, l'insicurezza sembra dipendere sempre meno da ciò che realmente accade e sempre più dal modo in cui, più o meno emotivamente, valutiamo le situazioni.A scorrere i dati, elaborati del Ministero dell'Interno e diffusi dal ministro Alfano, raffrontandoli con le paure diffuse tra i nostri vicini di casa, gli amici, i conoscenti, c'è da restare allibiti. Gli omicidi, in un solo anno, sono "crollati" (è il termine giusto) dell'11,3 nonostante già l'anno precedente fossero in calo. Sono stati in tutto 398 e "solo" 49 attribuiti alle criminalità organizzate.Nello stesso periodo, invece, ci sono stati 138 femminicidi, cioè omicidi di donne determinati dal fatto che si trattava di donne. Una cifra, questa sì molto più insopportabile delle altre, che costituisce da sola quasi un terzo dell'intera massa degli omicidi (compresi quelli di mafia). Per l'esattezza, il 32,82 del totale. La quasi totalità dei femminicidi sono stati commessi dal partner o dall'ex o da un altro familiare. Insomma, il posto meno sicuro e tranquillo è esattamente il vostro appartamento: è lì che può capitare agli uomini di uccidere e alle donne di essere ammazzate. La casa come tempio delle tragedie, altro che strade buie o omicidi in villa (le denunce per stalking sfiorano quota 10 mila: drasticamente sottostimate). Un bilancio atroce, quello del femminicidio, ancora troppo sottovalutato anche se "oggettivamente" triplica il bilancio della violenza mafiosa, l'unica in grado di assorbire attenzione.A completare il panorama delle nostre crescenti sicurezze, nello stesso periodo, ha certificato Alfano, ci sono stati 1654 arresti per mafia, 85 per estremismo legato al terrorismo, e 793 arresti di scafisti. Insomma, chi porta immigrati in Italia con alta probabilità finisce in galera.Il trend degli omicidi è coerente col resto: le rapine si sono contratte del 10,6%; i furti del 9,2. A dimostrazione dell'infondatezza del teorema secondo cui le crisi economiche alimentano i reati predatori e di strada.S'è molto intensificata la stretta su chi è in odore di terrorismo. Oltre gli arresti sono stati monitorati oltre 400mila siti web, controllate 164mila persone, 35mila veicoli e 349 motonavi.Le mafie, arresti a parte, hanno avute altre botte: beni sequestrati per quasi 2mld e altri 2 Mld di beni definitivamente confiscati.I migranti arrivati sono stati 154.047 una cifra non molto più alta di quella dell'anno precedente. Il 90% degli arrivati sono stati fotosegnalati. Il 67% degli sbarchi è avvenuto in Sicilia, il 20 in Calabria, il 7 in Puglia, il 5 in Sardegna, l'1 in Campania. Gli stranieri con regolare permesso di soggiorno sono circa 4 milioni (4.004.376) di cui quasi 700mila (693.236) minori. Una percentuale molto bassa tra i grandi paesi europei.Evitiamo polemiche sciocche: questi dati si collocano in un trend consolidato il cui merito, quindi, non è del governo attuale che, in ogni caso, ha assicurato la continuazione di un percorso virtuoso.Ma il quadro di "oggettiva" e crescente sicurezza, pone un problema: perché cresce lo sgomento tra gli italiani? Certo, il terrorismo crea una paura oscura e permanente perché "potrebbe" colpire all'improvviso: è una paura non governabile. Ma forse non basta a spiegare la situazione. Un altro contributo, forse decisivo, viene dalla crisi economica e sociale che inchioda il paese alla paralisi. Il fermo immagine dello sviluppo economico fa temere una rapida regressione del livello di benessere e delle garanzie conquistare nei decenni passati. Da qui una paura cieca molto più profonda di quanto s'immagina.C'è poi la responsabilità dei media. Se i talk show,  i giornali, l'informazione televisiva per attirare pacchetti di utenti enfatizzano le notizie dal punto di vista del linguaggio, del tempo e dello spazio rinunciando ad offrire l'immagine del paese calibrando l'informazione sulla totalità dei processi che l'investono, tutto diventa irrimediabilmente difficile.Certo non può non stupire e non aprire un problema specifico di riflessione profonda lo squilibrio di attenzione tra mafie e femminicidi. Il modo in cui si raccontano le mafie e quello in cui invece si racconta un fenomeno che provoca un terzo di tutti i delitti del paese, provoca uno squilibrio di conoscenza indecente e inaccettabile. E' un problema ancora sostanzialmente rimosso che nasconde diffuse responsabilità tra quanti devono garantire la sicurezza dei cittadini e/o hanno l'obbligo politico ed etico di richiamare il paese ai propri compiti, senza coprire complicità culturali e ambientali pagando il costo col sangue delle donne.