Non c’è modo. Tecnicamente l’iter del decreto attuativo della riforma penitenziaria è stato bloccato con uno stratagemma insuperabile. Questo: all’atto di costituire la “Commissione speciale per l’esame di Atti del Governo” ( si noti intanto la preposizione semplice “di” anziché “degli”...), la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha attribuito all’organismo solo una ben limitata competenza: esaminare il Def e altri provvedimenti minori, ma non il testo sul carcere. In questo modo si è impedito che potesse cominciare a decorrere il famoso termine dei dieci giorni trascorso il quale “i decreti possono comunque essere emanati”. È così proprio in virtù di quanto previsto dalla legge delega, ossia la riforma penale di Orlando ( la legge 103 del 23 giugno 2017) all’articolo 1 comma 83: “I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari sono espressi entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione…”. Ma le “Commissioni competenti per materia” sono le commissioni permanenti Giustizia, che non sono state ancora costituite, né alla Camera né al Senato. Ecco perché non può partire il countdown dei dieci giorni: manca il terreno di gioco. È vero che, in teoria, le due commissioni speciali di Montecitorio e Palazzo Madama avrebbero potuto essere il surrogato di quelle permanenti: ma tale circostanza si sarebbe potuta verificare solo qualora nessuno dei due organismi fosse stato limitato, nella propria competenza, dal relativo atto istitutivo. E alla Camera, come detto, le limitazioni sono state previste eccome: la commissione può esaminare solo il Def e altri decreti in scadenza, punto. E l’attribuzione di competenze limitate è consentita dall’articolo 22 del regolamento di Montecirorio. Ora, è ormai chiaro che le commissioni permanenti saranno istituite solo quando si sarà individuata una maggioranza e, dunque, solo nel momento in cui un governo si formerà: per quanto tale contestualità non sia obbligata, è il quadro generale che tende a un simile scenario. E vista l’egemonia di cinquestelle e Lega, un governo espressione del nuovo Parlamento, diversamente dall’esecutivo Gentiloni, non emanerebbe mai un decreto come quello sulle misure alternative al carcere.