L’avvocatura tunisina è stata protagonista assoluta dei cambiamenti civili e sociali profondi, non a caso nel 2015 ha ricevuto il premio Nobel per la pace», continua Mascherin che poi ricorda quanti siano i temi che ci uniscono nella diversità delle nostre tradizioni politiche e religiose: la lotta per l’uguaglianza, per l’integrazione, per il dialogo, la difesa dell’ambiente, il diritto all’acqua, la tutela dei beni archeologici.

La fratellanza tra le due avvocature «viene da lontano e segue un percorso collaudato», sottolinea Francesco Caia, coordinatore della Commissione Diritti umani e Rapporti internazionali del Cnf, da an- ni in prima linea nel sostegno ai colleghi tunisini e dei paesi mediterranei. La presenza dell’ambasciatore tunisino Moetz Sinauoi è testimonianza preziosa di questo solido vincolo: «Grazie di cuore al Cnf che sta supportando il cammino della nostra giovane democrazia».

Non si tratta solo di parole o di buone intenzioni, come spiega in un appassionato intervento Abdelaziz Essid, già componente dell’Ordine di Tunisi: «Il lungo lavoro tra di noi ha dato i suoi frutti, anche grazie ai colleghi italiani siamo riusciti a proteggere il nostro popolo, le sue libertà, abbiamo proiettato nel mondo l’immagine di un Paese che è una terra di pace, l’esatto opposto di quel che vogliono i terroristi. A differenza di alcune nazioni europee che ci hanno messo nella black list del turismo l’avvocatura italiana ci ha aiutati e incoraggiati molto prima che vincessimo il Nobel queste sono le cose concrete che restano nel tempo». l lungo lavoro ha dato dei frutti, non solo discorsi e parole, mi ricordo il girono del nobel, gli avvocati hanno protetto il proprio popolo, le sue libertà, siamo orgogliosi perché il senso di tutto questo è far parlare della tunica come terra di pace e non di terrorismo, i terroristi vogliono che la tunisia sia chiusa all’esterno e molti paesi europei sono caduti nella trappola, dicendo che siamo un paese a rischio da non visitare, ma non hanno fatto lo stesso con parigi, londra, bruxelles. Siamo una democrazia giovane che ha bisogno di voi, grazie mille volte, non dopo il Nobel ma prima, quando nessuno conosceva il quartetto di dialogo tunisino, loro ci hanno aiutato, ci hanno incoraggiato, sono venuti a Sousse dove abbiamo aperto l’Hotel Imperial, queste sono cose concrete che restano nel tempo». Cose concrete, ricordate anche da Amur Merhezi, presidente dell’Ordine di Tunisi: «Non dimenticheremo mai il vostro ruolo, ora costruiamo nuovi progetti, soprattutto con i nostri giovani».

Già, perché il futuro è ricco sì di speranze, ma anche di incognite e di battaglie. Come ricorda l’avvocato Franco Moretti, la dicotomia strumentale libertà- sicurezza rischia di schiacciare la nostra vita democratica, nel mondo arabo come in Occidente: «Se la sicurezza viene definita come un diritto fondamentale e non come un mezzo per garantire i nostri diritti, diventa un alibi per sacrificare la libertà. Ci sono due modi per contrastare il terrorismo: il primo demonizza il mondo islamico e i migranti, abbrutendo la nozione di sicurezza, il secondo respinge ogni xenofobia, ogni tentativo di creare una fortezza europea nell’idea che il terrorismo si batta anche attraverso l’integrazione sociale, culturale e religiosa. Essa si può realizzare solo nel rispetto dei diritti fondamentali: il principio di uguaglianza, di libertà religiosa della libertà di pensiero e di manifestazione, del diritto al processo equo».

L’avvocata Hela Chérif racconta gli straordinari progressi compiuti nelò campo del diritto alla difesa dall’entrata in vigore della Carta del 2014 che ha introdotto la presunzione di innocenza e il diritto al giusto processo e introduce al figura dell’avvocato in Costituzione. «Grazie alla nuova carta costituzionale si è potuta approvare la legge 5 del 2016 che limita i poteri fino ad allora incontrastati della polizia giudiziaria: oggi il ruolo dell’avvocato è attivo subito dall’arresto, può assistere alle udienze, ci sono limitazioni solo per il terrorismo in cui l’accusato può rimanere al massimo 48 ore senza assistenza legale».

Anche sul tema della parità condizione femminile e delle pari opportunità il paese mediterraneo rappresenta una piccola avanguardia per il mondo musulmano. E non solo. Come ricorda il giovane avvocato Abdelwahed Chitoui «la Tunisia è uno Stato pioniere nei diritti delle donne, la legge sulla contraccezione risale addirittura al 1952, quella sull’aborto al 1965. Con la Rivoluzione dei gelsomini del 2011, nonostante l’ascesa degli islamisti moderati di Ennhada, siono state raggiunte nuove conquiste che ne fanno una nazione moderna» E se nella vecchia Europa la donna ha formalmente gli stessi diritti dell’uomo, nei fatti le cose sono un po’ diverse: «Il tasso di disoccupazione femminile nell’Ue è decisamente più alto di quello maschile e in media le donne guadagnano il 40% in meno a parità di lavoro, mentre rimane il cosiddetto “soffitto di cristallo” che limita la presenza di donne nel cda delle azende e nelle alte cariche politiche», conclude l’avvocata Irma Conti.