Oggi vi abbiamo dato una notizia arrivata da Viterbo: alcuni leoni da tastiera avevano rivolto nel 2019, commentando su Facebook post di TusciaWeb e Tgcom24, messaggi del tipo «Spero che stuprino le mogli degli avvocati –Avvocati di merda papponi – Dico a giudici e avvocati vi auguro di cuore che possa capitare ai vostri cari di fare la fine delle migliaia di ragazze violentate.. e perché no uccise…ve lo auguro proprio» a tre legali della Camera penale locale, colpevoli, a loro dire, di aver assistito due giovani ex militanti di CasaPound arrestati per lo stupro ai danni di una 37enne. Vi abbiamo raccontato che il presidente dei penalisti viterbesi ha presentato una denuncia alla Procura ipotizzando il reato di diffamazione aggravata ma il pm ha richiesto l'archiviazione con la seguente motivazione «Si ritiene che il contenuto dei commenti costituisca manifestazione del tutto legittima dell’esercizio di critica». La Camera penale si è opposta: udienza 8 giugno dinanzi al gip. Ma sapete qual è il paradosso? Abbiamo diffuso su Facebook il link alla notizia, inserendo nel sommario le minacce degli hater per attirare i nostri lettori su un tema particolarmente sensibile per l'avvocatura.  E sapete cosa ha fatto la piattaforma social gestita da Meta? Ha cancellato il nostro post perché violerebbe gli standard interni. Tre sono le considerazioni da fare:
  1. Facebook ha un algoritmo alquanto ottuso perché non riesce a distinguere l'offesa vera e propria da una notizia giornalistica;
  2. Lo stesso Facebook ha lasciato visibili per giorni quegli stessi commenti che abbiamo riportato noi, mentre a noi ci ha censurati dopo 4 ore;
  3. Non sarebbe il caso di interrogarci sulla relatività degli standard? Per una Procura quelle parole ricadrebbero nel diritto di critica, per il social network sono da censurare.