Papa Francesco introduce per gli appalti vaticani la regola del sospetto: chiunque sia sottoposto a indagini, a misure di prevenzione o a condanne in primo grado per «partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, reati terroristici», per «riciclaggio di proventi di attività criminose» e «sfruttamento del lavoro minorile», ma anche chi non ha ottemperato «agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali secondo le normative del Paese in cui si è stabilito» non potrà iscriversi all’albo speciale degli operatori economici che operano con il Vaticano.

Insomma, per essere esclusi dalla partecipazione non serve una sentenza passata in giudicato, basta una notizia di reato al vaglio degli inquirenti. Il nuovo codice degli appalti e dei contratti è stato varato da Papa Francesco con un Motu Proprio, si compone di 86 articoli più altri 12 relativi alla tutela giurisdizionale in caso di contenzioso e il testo sarà promulgato mediante la pubblicazione su L’Osservatore Romano ed entrerà in vigore in trenta giorni da oggi.

In sala stampa vaticana, al momento della presentazione, ha preso la parola anche Giuseppe Pignatone, ex procuratore capo di Roma ai tempi dell’inchiesta su Mafia capitale e oggi presidente del Tribunale del Vaticano. Pignatone ha spiegato come la ratio del nuovo codice sia quello di «una efficiente gestione delle risorse e un rinnovato, deciso impegno contro il rischio di corruzione. Per conseguire questi obiettivi vengono recepite le migliori regole e le migliori pratiche elaborate dalla Comunità internazionale, fondate sui principi di trasparenza e di favore per la concorrenza. Viene previsto inoltre un articolato sistema di controlli, anche informatici. Da qui il nuovo codice degli appalti valido sia per gli Enti della Curia romana, sia per quelli collegati amministrativamente alla Santa Sede che per lo Stato della Città del Vaticano».

I due pilastri della normativa, dunque, sono la riduzione della «piaga degli sprechi» e della «corruzione», ha aggiunto Vincenzo Buonomo, rettore della Pontificia Università Lateranense e consigliere del Vaticano. «Le nuove norme sono un monito a riscoprire quanto sia importante - e oggi impellente - una migliore gestione delle risorse che la Santa Sede amministra per conseguire i fini che della Chiesa sono propri».

L’insistenza con cui tutti hanno parlato di sprechi è il grande non detto di Oltretevere: negli anni passati, infatti, il vecchio codice in vigore ha permesso una gestione delle risorse immobiliari vaticane a dir poco opaca. In particolare, è ancora vivo l’imbarazzo per la vicenda riguardante l’acquisto di un palazzo nel cuore di Londra da parte della Segreteria di Stato vaticano con fondi che sarebbero derivati almeno in parte dall’obolo di San Pietro, ovvero le donazioni ricevute dal Papa per le opere di carità e il sostentamento della Curia romana.

Nulla di tutto questo sarà possibile col nuovo codice, che prevede una normativa stringente: chi avrà bisogno di acquistare un immobile o di affittarlo, avrà l’obbligo di rivolgersi agli altri enti della Santa Sede. Solo in caso di indisponibilità si potrà andare sul mercato. Insomma, niente speculazioni e acquisti al buio, ma andrà presentato un piano dettagliato da far approvare all’Apsa o al Governatorato, che procederanno con una loro verifica autonoma e parallela, con tanto di perizie. Lo stesso vale anche per la cessione degli immobili, impedendo vendite sottocosto.

Tra 30 giorni, dunque, la musica cambierà e si suonerà la sinfonia di Pignatone: con la regola del sospetto sugli operatori esterni e un controllo centralizzato su tutti i movimenti interni.