La Corte di Cassazione è al vertice della giurisdizione ordinaria italiana. Tra le principali funzioni vi è quella di assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”. Un posto, dunque, molto prestigioso e particolarmente ambito per i magistrati, visto che il prestarci servizio segna di fatto il coronamento della carriera professionale. Ma come vi si accede? La risposta – tecnica – è “per concorso”. Dove il merito, considerato che il parametro dell’anzianità di servizio è stato ormai superato, è il criterio fondamentale per la scelta. Il Csm pubblica un bando indicando il numero dei posti e i requisiti richiesti. I bandi, ovviamente, sono diversi. Uno per consigliere di Cassazione ed uno per sostituto procuratore generale. All’ultimo concorso, quello per sostituto procuratore generale, per 9 posti hanno presentato domanda in più di 100 magistrati.

Ma oltre al parametro del merito pare che per la scelta delle “super” toghe che andranno ad occupare le severe aule del Palazzaccio vengano utilizzati anche altri “criteri” di giudizio. La questione è stata sollevata la scorsa settimana, solo al momento di approvare la graduatoria dei vincitori per i 9 posti di sostituto procuratore generale – e dopo che sul tema si era espressa sia la Commissione tecnica – dai consiglieri Ercole Aprile ( togato di Area) e Antonio Leone ( laico indicato dall’ex Ncd, ora Alternativa popolare). Il primo, premettendo che la valutazione degli aspiranti è una comparazione e come tale “discrezionale”, senza far “riferimento ad alcun nome” dei 9 magistrati, ha evidenziato una curiosa particolarità: “Dei 9 colleghi scelti, ben 4 hanno svolto o stanno svolgendo funzioni amministrative fuori ruolo”. Alcuni anche per lunghi periodi. Uno di questi magistrati, ha sottolineato il togato di Area, “ha svolto funzioni giurisdizionali per meno di 7 anni”, avendo dunque trascorso quasi tutta la carriera lontano dalla giurisdizione. Senza puntare il dito contro nessuno, ha proseguito Aprile, la scelta è caduta su chi non ha “consumato la propria espe- rienza in funzioni giurisdizionali”. In conclusione, “quale messaggio sta mandando il Csm?”, si è chiesto il togato. A giudizio del quale si tratta di un segnale “inequivoco: per ricoprire ambiti posti, al magistrato può convenire andare fuori ruolo e costruirsi una carriera parallela”. A questo proposito, rincarando la dose, si tratta poi di “incarichi a chiamata, affidati con il sistema della cooptazione e spesso vicini al potere politico”.

Per Leone, invece, c’è un altra possibilità per poter aspirare ad andare in Cassazione: aderire a una corrente. In questa tornata di nomine, secondo il consigliere laico, “è stato raggiunto un equilibrio”. L’ex vicepresidente della Camera ha raccontato di essersi applicato in un “esercizio sull’appartenenza” dei 9 prescelti. Al temine del quale, “è possibile affermare, salvo qualche sfumatura su un magistrato che non ho ben identificato”, che la “rappresentatività” dell’attuale plenum è perfetta: “4 ad Area, 3 ad Unicost, uno ( forse 2) a Mi”. Tale suddivisione dei 9 posti in ballo ha lasciato fuori Autonomia & indipendenza, la corrente dell’ex presidente Anm Piercamillo Davigo. “Mi spiace per Morgigni ( unico esponente di A& I in questo Csm, ndr)” – ha aggiunto Leone – che da solo non ha potuto esprimere nulla”. A breve, dovranno essere scelti 30 consiglieri di Cassazione. Avrà ragione Aprile o Leone?