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Carceri
Mentre, dopo la pausa estiva, oggi il Parlamento riapre, il sistema carcerario italiano sta attraversando una delle crisi più gravi della sua storia recente. È quanto emerge dalla consueta analisi condotta da Rita Bernardini dell'associazione Nessuno Tocchi Caino sui dati ufficiali del ministero della Giustizia aggiornati al 31 agosto scorso, che fotografano una situazione drammatica e in continuo peggioramento. I numeri parlano chiaro: nei 190 istituti penitenziari italiani sono rinchiuse 63.167 persone detenute a fronte di soli 46.658 posti regolamentari effettivi. Questo significa un sovraffollamento medio nazionale del 135,38%, con una carenza di ben 16.509 posti letto. In pra- tica, ogni tre detenuti uno risulta di troppo.
OTTO ISTITUTI SU DIECI OLTRE LA CAPIENZA
La situazione è ancora più allarmante se si considera che ben 158 istituti penitenziari su 190 – pari all' 83% del totale – hanno più detenuti dei posti effettivamente disponibili. In queste strutture sono ammassate 58.630 persone in soli 41.164 posti, con un tasso di sovraffollamento che raggiunge il 142%. Particolarmente critica la condizione di 91 istituti ( quasi la metà del totale) che superano addirittura la già drammatica media nazionale del 135,38%. Qui il sovraffollamento tocca punte del 164%, con 34.633 detenuti stipati in appena 21.116 posti disponibili.
L'analisi di Rita Bernardini evidenzia situazioni al limite dell'umano. Il carcere di Lucca detiene il record negativo con il 259,46% di sovraffollamento: 96 detenuti in soli 37 posti effettivi, più di due detenuti e mezzo per ogni posto letto disponibile. Non va meglio negli istituti delle grandi città.
Il carcere di San Vittore a Milano, con i suoi 1.162 detenuti in 526 posti, raggiunge il 220,91% di sovraffollamento. Situazione drammatica anche a Foggia ( 214,79%), Brescia ( 206,59%) e Latina ( 203,90%), dove i detenuti sono più del doppio rispetto alla capienza regolamentare. Tra gli istituti più noti, anche Regina Coeli a Roma presenta criticità significative con 1.125 detenuti in 572 posti ( 196,68% di sovraffollamento), mentre il carcere di Lecce ospita ben 1.353 persone in 798 posti disponibili.
L'analisi regionale rivela come il Sud sopporti il peso maggiore di questa emergenza. La Puglia si conferma la regione più sovraffollata d'Italia con il 173,56%: nei suoi 11 istituti sono rinchiuse 4.478 persone in soli 2.580 posti effettivi. Seguono il Molise ( 159,35%), il Friuli Venezia Giulia ( 158,21%) e la Lombardia ( 154,55%). Quest'ultima, pur essendo una delle regioni più ricche, presenta la situazione più critica in termini assoluti con oltre 9mila detenuti in meno di 6mila posti. Destano preoccupazione anche i dati di Veneto ( 152,84%), Basilicata ( 151,36%) e Lazio ( 150,77%), mentre solo tre regioni – Valle d'Aosta, Trentino- Alto Adige e Sardegna – riescono a contenere il sovraffollamento sotto la media nazionale.
INTERVENTI URGENTI INESISTENTI
I dati analizzati da Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino – che dopo 30 giorni ha sospeso lo sciopero della fame, avendo saputo che altri delle Camere Penali, a partire da Maria Brucale e Valentina Alberta, prenderanno il testimone - non rappresentano solo fredde statistiche, ma fotografano una realtà in cui migliaia di persone vivono in condizioni che violano i più elementari principi di dignità umana. Il sovraffollamento carcerario non è solo un problema di spazio, ma compromette gravemente le possibilità di reinserimento sociale, aumenta le tensioni all'interno degli istituti e rende praticamente impossibile qualsiasi programma educativo o riabilitativo. Senza dimenticare la drammatica conta dei suicidi, giunti a 61 detenuti dall’inizio dell’anno. La situazione appare particolarmente grave se si considera che i 4.616 posti dichiarati inagibili dal ministero della Giustizia potrebbero alleviare solo parzialmente l'emergenza, portando comunque il sovraffollamento a livelli inaccettabili.
L'analisi dell'associazione Nessuno Tocchi Caino mette in luce come questa non sia una crisi temporanea, ma un problema strutturale del sistema penitenziario italiano che richiede interventi immediati e coraggiosi. Proprio ieri, la senatrice Anna Rossomando ( vicepresidente del Senato) e il professor Gian Luigi Gatta hanno partecipato al laboratorio Spes Contra Spem – Nessuno Tocchi Caino presso il braccio G8 del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. Presenti, come sempre animatori dei laboratori, Gianni Alemanno e Fabio Falbo, lo “scrivano di Rebibbia”. Rita Bernardini ricorda, come già raccontato su queste pagine da Valentina Stella, che la vicepresidente è stata incaricata dal presidente Ignazio La Russa di scrivere un testo di legge – condiviso trasversalmente – per combattere il sovraffollamento nelle carceri.
Nel frattempo il ministro della Giustizia continua a ripetere che il sovraffollamento penitenziario sia legato soprattutto all’abuso della custodia cautelare. Che ci sia un abuso, è indubbio e si spera vivamente che il guardasigilli ci metta mano, però i numeri ufficiali del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sul sovraffollamento ci raccontano altro. L’ex garante nazionale Mauro Palma, raggiunto da Il Dubbio, spiega che dall’inizio dell’anno al 31 agosto, la popolazione carceraria è cresciuta di 1306 unità. Di questi, soltanto 186 sono persone in attesa di primo giudizio. L’aumento riguarda invece i detenuti definitivi, cresciuti di 1213. Una differenza che, spiega Palma, ribalta la narrazione: il punto non è che “si entra di più”, bensì che “si esce di meno”. In altre parole, il sistema non riesce a garantire percorsi di deflazione della pena, tra misure alternative, liberazioni anticipate e strumenti di reinserimento.
Un altro dato rilevante sottolineato da Palma riguarda la composizione della popolazione carceraria. La percentuale di stranieri sul totale resta pressoché invariata, ferma al 31,8 per cento. Cade quindi anche l’idea che il sovraffollamento sia spinto dalla carcerazione dei migranti. La dinamica è tutta interna al funzionamento del sistema penale e penitenziario. C’è poi un paradosso ulteriore che fa notare l’ex garante nazionale: mentre i detenuti aumentano, i posti regolamentari si riducono. Nel periodo considerato, la capienza ufficiale è scesa di 41 unità. Nel calcolo, inoltre, sono inclusi spazi che non esistono più o che non sono mai stati effettivamente utilizzati, come i 98 posti dell’istituto femminile di Pozzuoli, chiuso, o i 24 posti del carcere di Gjader, in Albania, rimasto vuoto. Numeri che gonfiano la statistica ma non alleggeriscono affatto le celle.
Oggi, come detto, il Parlamento riprende i lavori. Non è questione ideologica, né elettorale. La stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha sempre detto di credere che gli interessi del Paese vadano anteposti a quelli di partito. Sacrosanto. Una misura trasversale, anche se può non favorire la propria appartenenza politica, sarà però ricordata dalla Storia come un gesto umano che dia il senso di uno Stato civile, di diritto e, magari, di esempio.