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«Nessuno toglie la dignità della persona, nessuno. Il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza», ha detto Papa Francesco incontrando le detenute della Casa di Reclusione femminile all'isola della Giudecca. «Però - ha aggiunto - può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è “messa in isolamento”, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia».
Papa Francesco è atterrato in elicottero nel piazzale interno della Casa di Reclusione femminile all'isola della Giudecca, per l'incontro con le detenute e la visita alla struttura, scelta significativamente quest'anno come padiglione della Santa Sede nell'ambito della Biennale d'arte. Ad accoglierlo il Patriarca di Venezia, Monsignor Francesco Moraglia, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, la dirigente generale del sistema carcerario, Rosella Santoro, la direttrice della struttura, Mariagrazia Felicita Bregoli e il comandante della Polizia Penitenziaria, Lara Boco.
Per Bergoglio è «fondamentale che anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento».
Il Papa rivolto ai presenti ha detto: «Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori da farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita. Cari amici e amiche, rinnoviamo oggi, io e voi, insieme, la nostra fiducia nel futuro. Care sorelle, oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile. Forse quello che uscirà più ricco sarò io».
«Vi assicuro la mia preghiera. Anche voi, per favore, pregate per me» e le detenute hanno risposto: «Certo!». E il Santo Padre ha scherzato: «A favore però, no contro». Bergoglio poi ha mostrato un quadro della Madonna con bambino, portato in dono alle ospiti del carcere: «Guardate la tenerezza della mamma: e questa tenerezza Maria l’ha con tutti noi. È la madre della tenerezza». Anche le detenute hanno portato i loro doni: alcuni cosmetici e prodotti per il corpo naturali realizzati da loro nel laboratorio di cosmetici del carcere. «Mi devo truccare?», la battuta del Pontefice al quale è stata regalata anche una nuova papalina, confezionata alla Giudecca nel laboratorio di sartoria.
E una detenuta si è rivolta a papa Francesco con queste parole: «La gioia che proviamo supera tutti i pensieri: ti ringraziamo per aver voluto fare la Biennale qui da noi, con noi. Siamo rimaste stupite e gioiose: noi donne emarginate che possiamo essere utili e renderci partecipi per farne dei capolavori. Sei il primo Papa nella storia della Biennale - ha sottolineato - e noi potremmo dire ad alta voce “c’eravamo anche noi”, come ci saremo sempre accanto a te».
«Sarebbe importante se le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa “fobia dei poveri”». Sono state le parole di Papa Francesco incontrando gli artisti presenti per la Biennale di Venezia. «Dietro a queste antinomie c’è sempre il rifiuto dell’altro. C’è l’egoismo che ci fa funzionare come isole solitarie invece che come arcipelaghi collaborativi. Vi imploro, amici artisti, immaginate città che ancora non esistono sulla carta geografica: città in cui nessun essere umano è considerato un estraneo. È per questo che quando diciamo “stranieri ovunque”, stiamo proponendo “fratelli ovunque”.